Chiamatela pure Driespendenza. Ovvero incapacità da parte del Napoli di controllo sull’abitudine a giocare bene, e inevitabilmente a vincere, quando in campo non c’è Dries Mertens. I primi sintomi di questa curiosa e sui generis sindrome, sono stati riscontrati nella serata di mercoledì presso lo stadio Metalist di Karkiv, Ucraina.
Gli azzurri, orfani del belga, hanno trovato inaspettatamente fatica a esprimere il loro gioco, le oro geometrie e quegli automatismi che con Mertens in campo funzionano con una puntualità svizzera. Niente di tutto ciò. Contro lo Shakhtar si è visto un Napoli statico, privo di idee e incapace di incartare l’avversario con trame palla a terra e quelle azioni che hanno incantato l’Europa negli ultimi mesi. In Ucraina si è vista una squadra spenta e senza brio. Cose che sono immediatamente cambiate non appena Sarri ha inserito Mertens a gara in corso. Una sorta di scarica elettrica, anzi una vera e propria iniezione di adrenalina piantata dritta nel cuore dell’attacco del Napoli.
Non è un caso, infatti, se il gol della speranza sia arrivata su un calcio di rigore conquistato dal belga e poi trasformare da Milik.
I numeri della stagione 2016-17 parlano da soli: 46 presenze per un totale di 3215′ nei quali ha collezionato 34 gol (28 in serie A, 5 in Champions e 1 in coppa Italia), e 15 assist (11 in campionato e 4 in Europa). Uno score da capogiro per un ragazzo che era abituato a sfiorare a malapena la doppia cifra. Numeri che gli farebbero comodo anche quest’anno: in chiave Napoli, ovviamente, così come in chiave nazionale. A giungo, infatti, il Belgio si presenterà in Russia come una delle squadre più quotate per prossimo Mondiale. Chissà se anche questo aspetto non costituisca un ulteriore motivo di spinta per Mertens a giocarle tutte in azzurro. È chiaro che il suo posto in nazionale non è assolutamente in discussione, però presentarsi a fine campionato con un bottino ricco di gol in cascina gli garantirebbe ancora maggior peso politico all’interno dello spogliatoio.
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