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Il Mattino – Higuain, una notte da ex misera: fischi e solo ventinove palloni toccati

Ogni fischio, una lancia nel fianco. Una volta erano osanna, hurrà, evviva. È tutto cambiato, adesso.

Il Pipita trova 60mila voci che urlano il proprio disprezzo per l’ex condottiero che per tre anni ha guidato gli azzurri con i suoi gol. Ha voglia,  cammina quasi disincantato e strafottente per il ventre del San Paolo, prima della partita: lo sanno tutti che il suo cuore è in tumulto, che la sua anima è in fiamme, che la sua testa ribolle di mille sensazioni. Ci ha messo quasi 11 mesi per ritrovare la via di Napoli: il suo non è un rientro, è una metamorfosi. Sì, è proprio lui, Gonzalo Gerardo Higuain, che il 14 maggio dello scorso anno, dopo il record di Nordahl stracciato, si divertiva a saltellare sotto la Curva B e a far finta di essere un direttore d’orchestra mentre il popolo degli ultrà intonava «un giorno all’improvviso». Ed era sempre lui che con le mani faceva il segno «resto qui, resto qui» facendo credere a un amore eterno che è durato invece soltanto poche altre settimane. Una notte da incubo, la peggiore della sua stagione: le statistiche dicono che non ha toccato un solo pallone in area. Esatto: zero palle giocate nell’area azzurra. In tutto, ha toccato 29 palloni in 90 minuti: una miseria.
Ed eccolo, ora: fischiato, insultato, mortificato. «Gonzalo uomo di m…», urla in maniera assordante lo stadio al suo ingresso per il riscaldamento. È solo l’inizio delle notte da incubo per l’ex Pipita. Non c’è un pallone che tocchi, durante il riscaldamento, che non venga sottolineato da una bordata di frastornanti, roboanti e persino laceranti fischi. Ogni fischio, una lancia nel fianco. Una volta erano osanna, hurrà, evviva. È tutto cambiato, adesso.
Quando lo scaltro speaker Decibel Bellini al momento della lettura delle formazioni scandisce bene il nome del Pipita, l’urlo che si scatena è quasi più assordante di «The Champions». Eppure l’argentino non si tira indietro: batte lui il calcio d’inizio della sfida ed ovviamente per venti secondi, in attesa del via di Orsato, lo stadio è tutto per lui. E lui si mette lì, quasi fiero, in mezzo al campo, in attesa della battuta: come a dire, eccomi qua, infierite pure, sfogatevi pure, ditemi tutto quello che via pare. Sa che ogni pallone sarà per lui un tormento. Alla fine della gara esce e manda un bacio. Non si sa a chi. Ma nessuno ricambia. Non passa alla fine neppure per la mixed: per motivi di sicurezza il bus riparte dalla tribuna centrale. Da dove era arrivato.

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