Appesi a un secondo tempo di passione, generosità, orgoglio. La bellezza azzurra che fiorisce in ritardo quando entra Allan, l’uomo di tutte le trincee. Diawara che salva l’onore e la bandiera. Diawara l’irriducibile come Koulibaly, come Albiol nella serata dello show.
I belli del Napoli emergono dal baratro dopo mezz’ora, ma quando Mertens fallisce il rigore dell’1-2, la serata sembra segnata. Si aggiunge l’infortunio di Insigne (dentro Allan) e perdiamo il sonno e la fantasia. Però il Napoli del secondo tempo, a strappi, a morsi, a folate mette alle corde il City che, però, ha padronanza di palleggio, esce bene dalla fase difensiva. Quando Guardiola rinuncia a Gabriel Jesus, l’unico attaccante di ruolo, per schierare il difensore Danilo si capisce che il City teme il Napoli, che la partita non è finita a venti minuti dalla conclusione. Il Napoli non gioca di bellezza, non può farlo, tante energie ha già speso, gioca di impeto, di pura reazione perché, intanto, la classifica del girone Champions si complica, lo Shakhtar vince sul campo del Rotterdam. È un assalto disperato, alla fine. Anche Reina dà una mano sventando tre pericoli. Restiamo appesi al rigore di Diawara, al rigore della speranza. Ma il tempo corre. Battuti, ma orgogliosamente in piedi nella ripresa. Tardi, maledettamente tardi.
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