Il calcio è stato ed è ancora il mondo migliore per Massimo Russo, 34 anni, ex astro nascente del Napoli e oggi terzino sinistro dell’Isola di Procida in Eccellenza. Ma passare dalla dimensione di promessa del calcio italiano nella squadra della sua città, il Napoli, a ragazzo di strada, senza più un soldo e con problemi di alcol e droga è bastato un niente. L’infortunio gravissimo che a Massimo Russo a settembre del 2002 spezzò tibia e perone, fu l’inizio della fine. La maglia azzurra sognata da bambino e finalmente indossata in campo è un flash back che ancora oggi passa, fugace, nella memoria. Anche quando vieni trovato senza biglietto su un autobus, discuti animatamente con il controllore e vieni pure denunciato per rissa. «Poi vallo spiegare ai tuoi figli che papà non c’entra niente. Non ha rubato niente e non ha dato calci o pugni a nessuno. Vallo a spiegare a chi oggi ti ha dato un’opportunità, l’ennesima, che non vuoi buttare al vento, che stavolta non hai fatto niente».
Il declino
Trentaquattro anni, due bambini, e finalmente un posto sicuro in una squadra. Mille euro al mese, il giusto per vivere e assicurare, grazie anche ai genitori, un sostentamento ai propri figli. «Ne guadagnavo cinquemila, seimila a venti anni- dice – ma ho fatto una serie interminabile di errori. Me li mangiavo tutti, i soldi. Non ho mai pensato a metterli da parte. Forse mi sentivo troppo potente e credevo di avere davanti tempo e quindi tanti soldi da guadagnare ancora. Mi sbagliavo, quanto mi sbagliavo. L’infortunio, poi il continuo girovagare tra squadre di B o di C e il baratro in cui ero caduto. Cattive compagnie, donne, discoteche e anche droga. Alla fine venivo mandato via. Quasi cacciato. Il calcio ti dà e ti toglie in un niente e se non sei abbastanza forte per sopportare il declino ti annienta. E ti isola. Quelli che erano amici diventano estranei, i compagni con cui giocavi a calcio per strada da bambino e che nel frattempo sono diventati campioni affermati, non ti negano certo una telefonata. Ma ricevere aiuto è un’altra cosa».
La nuova occasione
Massimo Russo è caduto ed ha provato a rialzarsi tante volte. «E quando fai fatica pure a trovare i soldi per mangiare, ti accorgi che attorno a te c’è il vuoto. Ti ritrovi per fortuna la famiglia e forse qualche amico che frequentavi alle scuole medie e che con il calcio non aveva mai avuto che fare». Tanto girovagare, tanti errori ripetuti e poi il segnale che la rinascita è possibile. Sì, anche a 34 anni, nel mondo che per Massimo resta ancora il migliore: il calcio. L’occasione che gli dà Nicola Crisano, il direttore sportivo dell’Ischia dei miracoli, il patto di non fare piùcazzate e l’entusiasmo, sempre uguale, di vivere lo spogliatoio, di sentire la partita. L’amore per il calcio. «Non finisce mai, quello nessuno me lo ha tolto». Massimo Russo dopo l’episodio del biglietto non obliterato sull’autobus era stato messo fuori rosa, si era beccato gli insulti dei procidani. «Non, non è possibile, non avevo fatto nulla». E allora una lettera di scuse al controllore e agli isolani. Per spiegare un comportamento forse ancora un po’ irruento. «Per chiedere comprensione per i miei figli, ai quali devo provvedere. Ai quali provo ad insegnare che la vita è un valore troppo grande per sprecarla». Massimo Russo ha gli occhi velati dalla malinconia, si appresta a prendere il traghetto per andare a Procida ad allenarsi. Poi guarda il suo direttore sportivo, Crisano. «Vai Massimino, mettici grinta. Che in due anni siamo in serie D». Gli basta, sorride. E si carica. Per il suo mondo migliore.
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