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Massimo Corcione: “Quel presagio di Maradona”

Massimo Corcione per “Il Mattino”

“Ora che tutto non sarà come prima, ora che destra e sinistra sono state travolte dal ciclone Grillo, ora che anche il Papa è andato in pensione, di certezze ne restano poche. Il calcio, per esempio: le sue rivalità sono storiche, resistono al peso degli anni. Prendete Napoli-Juventus; è così dal 1926, prima stagione che ospitò la sfida. Con i tifosi napoletani che l’aspettano come la partita dell’anno e quelli juventini che la temono anche se non lo ammetterebbero mai. I racconti si tramandano: da quella volta che al Vomero Concetto Lo Bello fece l’arbitro e insieme anche il responsabile dell’ordine pubblico con gli spettatori seduti lungo le linee del campo fino alla leggenda del gol di Maradona a Tacconi. Il primo episodio, datato 1957, fu lo sfizio di un giorno, il secondo, novembre 1985, fu l’inizio di un’era finita nella polvere di Diego.
Il fatto che quella presenza si sia materializzata nella settimana più decisiva del campionato, bloccando la città e trascinando tutti (anche chi non c’era) in una fantastica macchina del tempo, può essere letto come un segnale propizio per il Napoli. Oppure Maradona ha voluto solo ribadire il proprio primato di vincitore, sfruttando l’occasione per proporre la candidatura alla panchina; sempre che Mazzarri in estate decidesse davvero di lasciare. De Laurentiis già una volta ingaggiò Maradona, per un film: e «Tifosi» – pellicola non indimenticabile – è diventato un cult grazie a quel cameo.
Ma questo è futuro, il presente racconta di una sfida stellare, la migliore che il campionato italiano possa proporre. La Juventus rappresenta l’aristocrazia del calcio, con il distacco olimpico di Buffon, i silenzi e i tocchi essenziali di Pirlo e il profilo risorgimentale del sabaudo Marchisio; dall’altra parte il Napoli dei pop-player, dei campioni che penetrano l’animo popolare come Cavani e Hamsik, i simboli di una squadra che ha perso Lavezzi ma sta recuperando il più pop di tutti, Insigne. Cannavaro a parte, ecco che cosa manca a questo Napoli per chiudere la sceneggiatura di un sogno: un napoletano che trascini la squadra verso una vittoria importante come quelle che chiusero gli anni 80. Aveva provato Quagliarella a proporsi, ma è finito alla Juventus dopo pochi mesi, eternamente roso dal dubbio se abbia sbagliato ad accettare troppo presto il Napoli o troppo tardi la Juventus. Comunque non gli è andata benissimo, non gli è andata come il suo talento immenso avrebbe meritato.
In comune Napoli e Juventus hanno la rabbia, la grinta, la totale dedizione alla causa dei due allenatori. Mazzarri e Conte si sono divisi premi e consensi degli ultimi due anni, ma sempre con sofferenza. È il loro modo di vivere il calcio, non ne conoscono altri. Mazzarri ha una gran voglia di succedere al collega come campione d’Italia. Quest’anno più volte è capitata l’occasione di piazzarsi lì, attaccato alle maglie juventine: l’ultima lunedì, quando una vittoria a Udine avrebbe messo una fifa terribile alla Juventus. Tutto perfetto, mai un movimento sbagliato, la partita è stata l’applicazione perfetta delle lezioni di Castel Volturno, eppure è mancato il gol di Cavani, l’uomo che in serie A ha segnato più di tutti e che Conte nei suoi sogni tattici mette idealmente al centro del suo attacco senza top player. Dice di votare la lista Giovinco, ma avrebbe pagato di suo per avere Cavani nel suo partito. Ecco perché il voto decisivo sarà quello che meriterà l’erede del Grande Assente.
Nel calcio chi vince ha sempre ragione, ed è l’unica cosa che l’accomuna alla politica”. 

La Redazione

P.S.

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