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Mascara a “La Sicilia”: “Per il Catania ho dato tutto. Che emozione tornare”

«Giovi, chiamami dopo, che sto parcheggiando. Dammi cinque minuti». Cinque? Ma cosa guida Peppe Mascara, pizzicato mentre tenta la manovra sotto casa sua a Posillipo? Aspettiamo, tentiamo di nuovo. Risposta dopo uno squillo appena: «Cosa guido? Fratello, ho una Punto. Cosa ti aspettavi?» Cinque minuti per parcheggiare una punto? «Lo spazio era stretto, ci sono riuscito».

C’è il tempo per parlare della partita che verrà? «Confesso: non mi aspettavo di giocare al Massimino contro il Catania dopo la mia magnifica esperienza in rossazzurro. A 31 anni, però, ho avuto l’opportunità di lottare per lo scudetto, di esordire in Champions. Cercate di capire». Il pubblico lo ha fatto, ha capito. Resta una piccola minoranza. «Chi mi conosce lo sa: non sono un lecchino».

Parola forte. «Ma reale. Ripeto: non sono un lecchino, non faccio sviolinate per ingraziarmi il pubblico. Con i tifosi ho avuto un rapporto vero, anche quando sono stato fischiato o, peggio ancora, contestato. Ma una cosa è certa: nessuno deve toccarmi il Catania».

Si è sentito con i suoi ex compagni? «Spessissimo. In questa settimana, però, stacchiamo i telefonini e interrompiamo le… comunicazioni. Giusto così».

Naturale chiederglielo: si aspetta fischi o applausi, domani? «Non lo so. Spero che i catanesi possano ricordare gli anni in rossazzurro. Penso di aver dato tutto. Non ho fatto male a nessuno. Per il Catania ho messo impegno, ho messo il cuore in campo, anche se sembra una frase fatta. Ma non lo è. Spero di salutare il pubblico, tutti quanti».

Se dovesse riassumere il suo ciclo in rossazzurro un una immagine soltanto? «La vittoria casalinga sul Mantova, in Serie B».

Scelta insolita. E i gol a Julio Cesar? Quello nel derby al Palermo? Il bis a Udine? «Quei momenti sono conseguenza del 3-0 al Mantova. E non per i tre gol che ho segnato io, in quell’occasione. Dopo quel successo, il Catania è cresciuto fino a diventare, oggi, una grande squadra, degna della Serie A, con un centro sportivo di livello europeo. Immaginate se avessimo perduto quel confronto. Sarebbe stato un disastro».

Ma ha sentito il direttore Lo Monaco? «Spessissimo. Abbiamo un rapporto forte, vero». E il presidente? «Tutto chiarito. Quando sono andato via ci è rimato male, magari. Poi…» Poi… «Ti racconto: ci siamo rivisti, per caso, in un ristorante al centro di Catania. Lui aveva finito e stava pagando il conto. Io entravo». Reazioni? «Dieci secondi di silenzio, io sono andato a salutarlo e ci siamo abbracciati».

Cosa si prova a giocare due spezzoni di Champions? «Soddisfazione, emozione. Ma io sono quello di prima. Non sono cambiato. Magari, un giorno, tornerò a giocare in Serie C con la stessa umiltà di sempre. E con il Catania nel cuore».

Tra qualche ora dovrà batterlo, il suo glorioso, amato passato. «Mica facile… In casa, il Catania è una potenza indiscussa. Anche fuori casa sta facendo bene. E, contro il Napoli, le partite dei rossazzurri sono state sempre più che positive. Il Catania? Ha perso una sola partita. E ho detto tutto».

E se dovesse giocare? «Non conosco ancora le scelte di Mazzarri. Se dovessi giocare… Giocherò per la squadra con cui oggi lavoro, ma alla fine ci sarà lo stesso rispetto di prima nei confronti di chi mi ha permesso di esprimermi al meglio».

L’immagine di Lavezzi sostituito e nervoso con lei che lo calma ha fatto il giro del Mondo. «Il Napoli attraversa un buon momento e ha giocatori che sono fuoriclasse. Nello spogliatoio siamo tutti fratelli, come lo eravamo a Catania. Lavezzi è un ragazzo eccezionale. Pretende sempre il massimo da sé stesso». La Punto è al sicuro, i bimbi nella casa di Posillipo, vista mare, lo reclamano. Arrivederci, Peppino. Sarai l’avversario più caro di tutti quanti.

La Redazione

C.T.

Fonte: La Sicilia

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