Quel viaggio, prima o poi, lo farà. I nonni di Gerardo Martino, cinquantunenne di Rosario, dal13 agosto allenatore della Seleccion argentina, partirono da Ripacandida, angolo della Lucania, per cercare lavoro in Sudamerica.
«Ho pensato molto a questo viaggio quando sono stato al Barcellona, perché mio padre e mia madre hanno origini italiane e ho sempre nella testa l’idea di conoscere i luoghi dove sono nati i miei avi», racconta il ct, soprannominato El Tata, il saggio, in questa intervista al Mattino. È passato in poche settimane dal Barcellona, top club allenato per
un anno, all’Argentina, seconda nazionale al mondo. Sempre nel segno di Messi, a cui è molto legato, anche perché sono nati nella stessa città. E di Higuain, l’asso dell’Albiceleste e delNapoli, almeno per ora preferito a Tevez, ancora ai margini della nazionale.
Come è stato l’impatto con la Seleccion dopo Barcellona?
«Si tratta di un lavoro di grande esposizione di alto livello, è un orgoglio guidare la squadra del mio Paese. Sicuramente l’ultimo è stato un anno molto intenso».
È partito bene, quattro gol alla Germania nella rivincita mondiale di un mese fa a Dusseldorf.
«La vittoria in sè significa cominciare bene, col piede destro.Ma in nessun modo si può mettere a confronto con la finale della Coppa del mondo. Abbiamo cominciato un nuov ociclo con un avversario di questo livello e abbiamo giocato una buona partita: tutto qui».
Dopo anni difficili l’Argentina è arrivata al secondo posto ai Mondiali: e adesso?
«Per una squadra come la nostra, gli obiettivi sono sempre molto alti: bisogna puntare ad essere protagonisti in qualsiasi competizione, fino all’ultimo atto. La prima sarà la Coppa America, poi arriveranno le eliminatorie, quindi un altro torneo negli Stati Uniti ed eventualmente un altro Mondiale. Punteremo sempre al massimo».
Un nuovo ciclo è cominciato anche in Italia con Conte: che ne pensa?
«L’arrivo di un allenatore che ha fatto un lavoro enorme nella Juventus è da ritenere significativo. Aver vinto con questa squadra, rendendola competitiva, ha fatto di Conte un logico candidato per l’Italia».
A differenza del calcio argentino, quello italiano è dichiaratamente in crisi: come mai?
«Non mela sento di dire come possa migliorare il calcio italiano, perché bisognerebbe viverlo da dentro».
A Dusseldorf, un mese fa, aveva convocato Higuain, ma non ha giocato: perché?
«Gonzalo aveva un sovraccarico fisico e, trattandosi della prima partita, non me la sono sentita di rischiarlo».
Quanto è importante il Pipita per la Seleccion?
«Il suo contributo è il contributo di uno dei migliori attaccanti al mondo.Lo è da molto tempo e abbiamo la fortuna che giochi per l’Argentina».
A Dusseldorf c’era Andujar, il secondo portiere del Napoli, ma non è stato convocato per le prossime amichevoli in Estremo Oriente: come mai?
«Mariano è stato fin dal primo momento uno dei tre portieri selezionati da Sabella, che lo conosceva dai tempi dell’Estudiantes. È sicuramente un grande portiere e lo teniamo nella stessa considerazione, soltanto che stiamo valutando alcune alternative, soprattutto perché questo ruolo è difficile da sostenere se il calciatore non riesce ad avere molta continuità. È cominciato un ciclo per noi e ho l’obbligo di valutare le alternative».
Conosce Benitez, l’allenatore del Napoli?
«No,tuttavia credo che la presenza di qualsiasi allenatore che abbia tanto prestigio è positivo per la concorrenza. Più allenatori e giocatori di livello ci sono e più neri cava vantaggi il calcio, in Italia,come in Spagna o in Argentina».
Nel suo viaggio italiano alla riscoperta delle origini farà tappa anche a Napoli?
«È possibile che io venga in Europa per seguire più da vicino i giocatori argentini, anche quelli del Napoli. Sono stato in questa città molti anni fa con l’Argentina per un’amichevole con il Napoli in cui giocava Maradona: la sua presenza ha creato un legame fortissimo con il nostro popolo. Un’altra partita con il Napoli? Non spetta a me l’organizzazione, però adesso non si giocano più tante amichevoli con i club».
Lei ha giocato con Maradona anche nei Newell’s Old Boys, ultima tappa della grande e tormentata carriera di Diego.
«Ho avuto la fortuna di essere al suo fianco nella Seleccion, dove feci un’apparizione fugace,e poi nei Newell’s: un onore aver visto da vicino uno dei calciatori più forti al mondo».
Fonte: Il Mattino
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