NAPOLI – Vabbé la Champions e il ritorno col Marsiglia. E vabbé anche la Juve. Che è la “Partita”. Sempre. Però, prima, ce ne sono altre tre di partite, che non hanno la “p” maiuscola, eppure contano eccome. Perciò i punti innanzitutto. E subito. Nove, l’ideale. Per braccare la Roma e prendere coraggio. Un filotto che farebbe classifica e morale. Sennò sette almeno. Che a Firenze è sempre dura. Montella ha qualità e gioco, e al Franchi un pareggio ci può anche stare. Eh sì.
SETTE GIORNI – Il calendario la prima “zoommata” di un ciclo di tre partite in sette giorni. Già decisive o quasi. Torino e Catania al San Paolo, la Fiorentina in mezzo. Due in casa e una fuori, e fattore Fuorigrotta che deve incidere. E’ così da sempre. Dovra esserlo ancora. Cinquantamila contro undici: superiorità schiacciante. Che non fa gol, però spinge, pressa e un po’ fa tremare le gambe a chi non c’è abituato. Il Torino domani, il Catania sabato sera: pranzo e cena con gli azzurri. Chi ha fame, sa dove andare. Le vittorie passano da Fuorigrotta. E’ là che da undici giornate (campionato passato incluso) il Napoli fa sempre gol. Segna a tutti. E solo il Sassuolo, in questa stagione, ha fatto pari. Bologna, Atalanta, Borussia Dortmund e Livorno tutte battute. L’attacco azzurro è da paura. Una miniera d’assist e reti. Si sono sbloccati tutti. Anche Mertens. Mattatore al Velodrome eppure ancora l’unico che non è andato a segno. Questione di tempo. Esaltante a Marsiglia, determinante come Duvan Zapata: il bomber in più. Quello che forse non t’aspettavi già. L’omone d’area di rigore coi muscoli e i centimentri di un gigante. E il destro che fa male. C’è bisogno di tutti adesso. Tre partite in sette giorni. Fatica, stress e soprattutto gol. Fondamentali. C’è abbondanza in avanti. Si scalda Insigne, è pronto Callejon, Hamsik c’è, Higuain sta arrivando. Il miglior Higuian. E’ all’ottanta per cento della condizione. Ritrovato il campo, ora cerca il ritmo partita. Deve solo giocare.
TURNOVER – Benitez dovrà gestire l’organico. Valorizzarlo. Esaltarlo. Scelte mirate, dunque. Programmate. Intesa totale staff tecnico, quello medico e il giocatore. La formazione sarà presente e già futuro. E così che s’arriva al top nei momenti top. Quelli che orientano la stagione, e la indirizzano, fanno da spartiacque tra l’estasi di una vittoria e il rimpianto di ciò che poteva essere e non è alla fine stato. Il Torino subito, la Fiorentina tre giorni dopo, poi il Catania prima della Champions e la Juve. Che è sfida scudetto a prescindere. E allora attenzione a tutto. La differenza nei particolari. Sfumature che coglie solo l’esperienza, l’abitudine a vivere, e soprattutto gestire, certi momenti. Benitez è l’occhio lungo. Quello di scelte spesso sorprendenti. Tutti i parametri sotto mano. Le ore di sonno, i giorni di riposo con la famiglia, gli umori e lo stress da viaggi e spostamenti. E’ però il campo e la sala video il centro di gravità dei sogni azzurri. Ore ad analizzare partite, movimenti e rivali. Che in campo sono sagome contro azzurri in pettorine. La formazione sempre e solo un’ora prima di andare in campo. La psicologia di Rafa da manuale della preparazione. Spogliatoio sempre sulla corda. Tensione giusta nel gruppo, intensità a mille durante l’allenamento. Niente è trascurato. Neppure gli infortunati: indisponibili e comunque coinvolti. Almeno mentalmente. Pure se poi le assenze pesano. Fuori Zuniga e Britos. Fuori e per un po’. Là dietro non sono tantissimi e c’è chi è in difficoltà. Tre partite, tre reparti. L’attacco una varietà d’opzione.
Benitez può scegliere, valutare e schierare chiunque senza perdere pericolosità. Difesa da aggiustare, attacco garanzia, centrocampo da equilibrare. Sempre. Inler, Dzemaili e Behrami i tre svizzeri di una mediana da alternare misurando minuti nelle gambe, caratteristiche tecniche e umori. Tutto per tutto. Torino, Fiorentina e Catania aspettando Marsiglia e Juventus. Il meglio è in fondo, ma bisogna arrivarci. E bene.
Fonte: Corriere dello Sport
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