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Da Marassi all’Olimpico passando per Londra: si infittisce il mistero di Higuain

Il malessere è in quella domanda che sorge spontanea, nei quaranta milioni di quesiti che affollano l’universo napoletano, nei perché che s’addensano come nubi spazzate (però) via già all’alba d’un nuovo giorno: le dieci del mattino, Castelvolturno resta avvolta nel torpore e poi si scuote, osservando El Pipita  (che s’allena) e andando a leggergli dentro quei muscoli che sembrano improvvisamente divenuti di seta. La causa è «nascosta» nell’Olimpico, in quella scelta che Benitez avoca a sé e alla proprie competenze e che però non mitigano né l’effetto e men che meno l’interrogazione popolare: ma cos’ha Higuain?

CADUTA MARASSI – Succede (quasi) tutto a Genova, che per lui, per Higuain, diviene il tormento esistenziale di questo spicchio di stagione e trasforma quella mezz’ora scarsa utile per scaldarsi e proiettarsi verso Londra in un tunnel nel quale ritrovarsi immalinconito: in principio è affaticamento muscolare, in realtà è una sollecitazione ai flessori della coscia destra che va a solleticare un antico malanno, ricomparso quasi dal nulla. Le scorie del passato – che in un atleta possono comparire a sorpresa – diventano il tarlo che va ad annidarsi nella testa d’Higuain e finisce per condizionarlo. Clinicamente, non c’è traccia pregiudizievole: lo dicono le lastre, le risonanze e le manipolazioni. Però Higuain all’Emirates si rende conto che non è il caso di andare a sfidare il destino e con il Livorno fa altrettanto: avendo dinnanzi la sosta, ci si tuffa dentro per risistemare le pendenze con il fisico.

SI LIMITS – Ma mica tutto può procedere secondo le tabelle fissate con cura persino maniacale: perché il corpo talvolta ti lancia segnali da decodificare e al termine di due sedute (piene), Rafa Benitez preferisce il Pandev vegeto all’Higuain appena ristabilito e Roma-Napoli (prima, durante e dopo) finisce per incentrarsi sul pipita  a mezzo servizio, buono per ventidue minuti ma non per l’ora e mezza di passione. Non è la stessa cosa, ovvio: però è un indizio sulla rinascita (lenta, faticosa ma graduale) d’un sudamericano indiscutibilmente triste ma non domato dalle paure. E’ una scelta, magari pure una sottile forma di cautela, per non accumulare un carico eccessivo Il guaio è ai flessori della coscia destra di fatica, per gestire quella «macchina» umana.

VITA REAL – Poi si va nella cartella clinica, si studiano i precedenti, s’interroga il passato in blanco, si arricchisce la documentazione di nozioni, di segnalazioni, si radiografa Higuain in lungo ed in largo, partendo sin dal 2006 e atterrando ai giorni nostri. E in quel carteggio qualcosa c’è: fisiologici «danni», ad esempio, che appartengono alla carriera di qualsiasi calciatore, attaccanti compresi. Perché Higuain nel 2007-2008, quando ancora non è El Pipita  e però è già un fenomeno, mette assieme venticinque partite, dovendo «litigare» con la rottura delle fibre muscolari. Vengono poi superati i problemi – seri – alla schiena di tre anni fa, quelli che misero il centravanti ko per circa quattro mesi, il tempo necessario per rimettersi dall’intervento d’ernia e sistemare la postura, che un po’ gli dava noia e gli procurava dolenzia. E alla fine, vicenda più recente, che risale al gennaio scorso, una spia che s’accende intorno al flessore «incriminato» e che concede a Higuain – in virtù d’una lesione – «appena» ventotto partite, però surrogate con sedici reti. Gli basta esserci per segnare.

VEDO NAPOLI – Ma l’estate è un inganno, in questo calcio del Terzo Millennio: perché a mercato aperto ci si distrae, a cessione in atto si stacca la spina, a trasferimento avvenuto si piomba in una dimensione diversa, si modificano le recenti abitudini. Higuain va con il Real Madrid negli Usa, rientra e si ritrova nel frullatore della trattativa, atterra in Trentino – manco il tempo di cominciare a prender confidenza con il metodo Benitez – ed è di nuovo un tour, stavolta a Londra, poi capitano le Nazionali e la preparazione procede a strappi, in frammenti: dunque crea probabili disagi all’organismo. Però poi ci scappano quei trenta minuti a loro modo decisivi di Marassi, quando il Napoli è sul 2-0, ha controllo della partita, e quindi può permettersi di spedire Higuain a preparare attivamente il viaggio su Londra: è fumo negli occhi.

Fonte: Il Corriere dello Sport

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