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Maradona, quella voglia di panchina esplosa in riva al Golfo

Possibile un incarico da parte dell’Argentinos

Poche parole: «Sì, vorrei fare l’allenatore del Napoli». Ma Maradona allenatore non è che esalti le folle come il Maradona calciatore. Anzi, i due sono un po’ come fratelli. Forse, fratellastri. Ha lasciato l’ultima sua panchina l’11 luglio scorso: aveva cercato fortuna a Dubai, nell’Al Wasl ma le cose non sono andate mai come pensava. Sconfitto in finale nella Champions League del Golfo, eliminato da entrambe le coppe nazionali, ottavo in un campionato a 12 squadre. Agli sceicchi non restò che liquidarlo. E lo fecero via Twitter, perché proprio in quei giorni Diego era in Argentina. Non si è mai perso d’animo, né ha mai lasciato gli Emirati Arabi: nel frattempo, ha detto di no a un’offerta del West Ham e ha accarezzato per qualche giorno l’idea di prendere il posto di Zico sulla panchina dell’Iraq.
Ora è disoccupato, ma nella vita vuol fare proprio l’allenatore. Due parentesi di club, al Deportivo Mandiyú di Corrientes e il Racing Club, rispettivamente nel lontano 1994 e 1995. Poi 14 anni di oblio tecnico prima di divenire ct della nazionale argentina, il 28 ottobre del 2008. Un sogno. Che finisce ai Mondiali del Sudafrica, contro la Germania che sbatte fuori la Seleccion. Dieci giorni dopo Grondona, il presidente della Federazione, lo caccia via. Maradona infiamma il Mondiale del 2010. Il mondo intero lo scrutò alla ricerca di un gesto, di una mossa, di una parola, e lui non deluse mai: il vestito da prima comunione con cravatta chiara e rosario stretto nella mano, il colpo di tacco con i mocassini lucidi, l’esultanza smodata, le dichiarazioni sempre enfatiche, contro Pelé e per Che Guevara, contro Platini e favore di Castro. È stato poi anche l’unico ct al mondo che baciava i calciatori dopo averli sostituiti.
Julio Grondona lo liquidò Maradona con astuzia: licenziò prima tutti i suoi fedelissimi (tutti in fila: Enrique, Mancuso, Signorini e Oscar Ruggeri). Scontata la risposta: non puoi togliermi nessuno, quindi me ne vado.
I tifosi di Buenos Aires lo accolsero con entusiasmo, una cosa mai vista per una squadra eliminata (con umiliazione) da un Mondiale di calcio. Pochi giorni fa un’altra offerta, molto suggestiva, da parte dell’Argentinos Juniors. La squadra della sua infanzia. Poche ore e arriva il dietrofront del presidente, Luis Segura: «Ho soltanto detto che Maradona un giorno potrà essere il nostro allenatore, ma al momento non c’è nessuna possibilità e non c’è stato nessun contatto». Al Pibe de oro non resta che aspettare. E intanto quel che conta è rivederlo col sorriso.

Fonte: IlMattino

La Redazione

M.V.

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