L’ha scoperto all’indomani della sua festa di compleanno. Del suo cinquantunesimo compleanno. Internet, le pagine di sport, la notizia del malore, il ricovero a Milano, la paura per la salute di Cassano. Del suo amico Antonio Cassano. E s’è sinceramente rattristato, Diego Maradona. «Vorrei che sentisse la mia vicinanza» , ha confidato a Stefano, l’amico napoletano che era con lui a Dubai, come ogni anno il 30 ottobre dovunque Diego sia. Detto fatto. Scritto e spedito il suo messaggio. Anche in tempo utile per andare al campo per l’allenamento. Campo che non è neppure distante dalla nuova villa a due piani che da tre giorni gli hanno messo a disposizione quelli dell’Al Wasl a “la Palmera”, l’isola artificiale a forma di palma.
SENSIBILITA’ – Diego è così. Chi lo conosce lo sa bene: non è mai stato un campione, un uomo indifferente ai dolori e alle sofferenze della gente. Figuriamoci, poi, se ad essere colpito alle spalle e all’improvviso da un avversario invisibile e maligno è un ragazzo che conosce. «Sii forte, Antonio. So quali brutti pensieri ti stanno tormentando, ma sono certo che presto tornerai tranquillo e sereno al calcio e alla famiglia» , detta al telefono. E dal tono, dal sentimento che ci mette, si capisce che pensando a Cassano gli tornano alla mente certi brutti, tragici momenti vissuti sulla propria pelle.
QUELL’INCONTRO – E poi, in fondo in fondo, in campo e fuori un poco poco Cassano gli somiglia pure. «Fai colpi anche migliori dei miei perché il calcio di oggi è molto più rapido e veloce di quello che si giocava quando giocavo io» , gli disse Diego un giorno lusingandolo parecchio. Era un giorno di giugno del 2005. Dopo il bagno di folla e di rinnovata passione napoletana al San Paolo in occasione dell’addio al calcio di Ciro Ferrara – che si trasformò inevitabilmente in Maradona-day -, Diego si fermò a Roma prima di tornare in Argentina. Andò a Trigoria e restò a pranzo con la Roma. Ci andò per ringraziare Totti e gli altri per la solidarietà che avevano mostrato nei confronti di un ragazzino sfortunato e colse l’occasione anche per tornare in quello che era stato il ritiro della Seleccion ai Mondiali del ’90. «Fu in quell’occasione che incontrai Cassano e che fui colpito dalla sua simpatia e dal suo entusiasmo» , racconta Maradona.
IL SUO IDOLO – Infatti, fu così. Cassano addirittura lo “rapì” agli altri della Roma. Lo portò nello spogliatoio per mostrargli orgoglioso il proprio posto, l’armadietto e, appiccicata all’armadietto, proprio la sua foto. «Perché sei il mio idolo» , gli disse come avrebbe potuto dirglielo un qualsiasi ragazzino innamorato del suo calcio, della sua fantasia, delle sue magìe, del mito che rappresentava e rappresenta. «Ma sai che in allenamento, per prendermi in giro, i miei compagni spesso mi chiamano Diego» , disse pure. E Maradona? Molto divertimento ma nessun consiglio. O forse sì. «Gli parlai dell’importanza del rispetto per i compagni di squadra» , tutto qui, ricorda Diego che da quel giorno ebbe un nuovo amico. Del quale non ha mai dimenticato i modi a volte magari plateali, a volte magari eccessivi, ma sempre sinceri.
La Redazione
A.S.
Fonte: Corriere dello Sport
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