Eccolo l’ultimo sovrano di Napoli. Ogni volta che torna sembra quasi che non se ne sia mai andato. Eppure sono passati già 23 anni dall’ultima sua volta, in campo. Da protagonista. Con la maglia numero 10. Eccolo il re in esilio volontario che rimette piede al San Paolo. Mancano poco meno di venti minuti alle 22 e il Napoli e la Roma sono negli spogliatoi al riposo. Diego Maradona spunta da un furgoncino monovolume della Ford, preso a noleggio a Fiumicino, con i vetri scuri: i tifosi circondano i giornalisti e gli steward nella ressa. Con un ritmo d’allegria scrosciano i primi applausi. «Diego! Diego!». Maradona viene scortato dal suo legale napoletano Angelo Pisani («Si avvera un sogno, l’avevo promesso che l’avrei riportato a Napoli», ripete gioioso), dal manager dell’argentino Stefano Ceci e da due amici argentini. Era partito da Roma poco dopo le 19. Aveva detto a Pisani, il suo inseparabile avvocato: «C’è la partita, mi porti?». Una strizzata d’occhio e l’organizzazione si è messa subito in moto.
Maradona si fa largo tra le spallate degli addetti alla sicurezza, accede dall’ingresso che porta alla tribuna vip e si proietta nella saletta presidenziale. Lì ad accoglierlo c’è De Laurentiis. I due si stringono la mano, si abbracciano come se si conoscessero da una vita. Il presidente gli sorride. Pisani prova a buttare il discorso in politica ma Diego stasera ha solo voglia di calcio. Intorno a loro l’onorevolo Taglialatela, l’avvocato Cipriani e il direttore generale Formisano. Alle 22 Maradona e De Laurentiis si spostano all’esterno e il Pibe può rivedere il prato del San Paolo.
L’arrivo di Diego è inatteso dai tifosi, non tutti ne sono a conoscenza. Ma la voce passa da tifoso in tifoso, come un’onda. E quando la gente vede il movimento di fotografi e tifosi, capisce. Un boato di gioia scuote lo stadio. «Oh mamma mamma mamma…». Eccolo, eccolo. Lo hanno atteso per quasi 23 anni in questo stadio che è stato suo, completamente suo, non solo per i 7 anni in cui ha giocato nel Napoli. L’arrivo di Diego sugli spalti è annunciato da un rombo lontano. Quello della folla che lo riconosce, che lo insegue, che cerca di sfiorarlo, che ancora gli grida «Napoli è con te». Il re indossa pantaloni scuri e zompetta come un bimbo felice: «Sono emozionato come un bambino, grazie Angelo per questo sogno», ripete mentre saltella al fianco di De Laurentiis. Arriva e il Napoli segna due gol uno dopo l’altro. E lui sembra quello che alla Bombonera saltellava a ogni gol del Boca. Le due squadre della sua vita, il Napoli e il Boca. «Portami a vedere la mia gente, quella che mi ha sempre amato», è il racconto di Angelo Pisani emozionato come lui.
Segna Higuain, il suo erede argentino, il Pipita su cui aveva puntato le sue fortune al mondiale del Sudafrica. Va in gol Jorginho. La Roma è ko. La gente fa festa per lui e per la vittoria travolgente. I tifosi lo amano, lo saluta anche il sindaco De Magistris. Era andato via una notte di Pasquetta del 1991, dopo essere risultato positivo il 17 marzo al termine di Napoli-Bari. Quasi una fuga. Poi qualche ritorno. Al San Paolo era già stato a giugno del 2005: Ferrara lo invitò per la festa d’addio ma non fu una buona idea. Le luci della notte furono tutte per lui. Va via quando mancano dieci minuti alla fine. Passa per lo spogliatoio vuoto. A sentirne l’odore, forse. Attraversa il ventre dello stadio e spunta sotto la Curva B. Dobe il furgoncino monovolume è lì ad attenderlo e a portarselo via.
Fonte: Il Mattino.
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