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Manolo Gabbiadini, la nuova freccia per l’arco di Rafa Benitez

L'ex doriano porta in dote 9 reti stagionali. L'attacco azzurro è una macchina perfetta

La matematica è un’opinione (talvolta persino incontestabile): e nove reti da aggiungere alle nove di Callejon e alle quattordici di Higuain, fanno di Gabbiadini un valore aggiunto e trasformano il Napoli in una «terribile» macchina da gol. I numeri non mentono mai e le statistiche, a modo loro, provano a testimoniarlo: ma se Callejon è stato capace di segnare (in campionato) ogni 157 minuti e se Higuain c’è riuscito ogni 144, a Gabbiadini – che ogni 139 minuti s’è messo a (non) esultare a modo suo – verrà la pelle d’oca dopo aver scoperto d’essere persino «il migliore». Troppa grazia, mentre il pallone rotola e la somma sembra in grado di contribuire a fare la differenza. Storie di calcio, a fil di rete, giocherellando all’interno dei sedici metri, in quella giungla nella quale ognuno sa muoversi – eccome – e l’ha dimostrato.

TOCCATA. Il primo giorno (vibrante) di «scuola» è un’abbuffata di nozioni, una presa di coscienza su quel «mondo» nuovo nel quale Manolo Gabbiadini, una lezione del 4-2-3-1 di Benitez, una presenza attiva, perché lunedì, alla vigilia della gara del Napoli di Cesena, Gabbiadini era ancora di fatto un tesserato della Sampdoria, «vittima» peraltro di una squalifica che l’inaridiva, strappandogli da dentro il sacro fuoco della vigilia. Gabbiadini debutta in «azzurro» mercoledì sette gennaio, assapora dunque il Napoli, lo studia, lo scopre lentamente, in quella prima seduta d’allenamento che sa di full immersione, perché non c’è tempo da perdere.

PANORAMA SU… – Il campo, certo, ma anche altro: intanto, c’è da cercare casa, possibilmente con vista mare; un’occhiata qua e là, in compagnia del procuratore-amico Silvio Pagliari, qualche indicazione e pure qualche suggerimento, ma soprattutto la necessità di calarsi nella realtà tecnica che lo aspetta e che lo pone immediatamente contro la Juventus, improvvisamente divenuta «nemica» da tentar d’abbattere domenica sera, in un San Paolo che annuncia un’atmosfera particolare.

UN POSTO A TAVOLA. Il primo assaggio, lunedì: pasta al sugo, con moderazione, perché il ragazzo è rigoroso con se stesso, una mozzarellina piccola piccola, la scelta della maglia – numero 23, che ricorda LeBron James, qualcosa in più di un idolo. Questi i dettagli d’una avventura cominciata scoprendo una Napoli per lui subito sorprendente e che l’ha atteso a Capodichino con mille tifosi, ai quali è stato costretto a dire «grazie» attraverso i microfoni delle tv e le pagine dei giornali, perché a un certo punto la polizia ha suggerito di far «evaporare» il colpo di gennaio di De Laurentiis (tredici milioni, nessuno come lui in dieci anni di mercati di riparazione) da un’uscita secondaria: questioni d’ordine pubblico, d’entusiasmo collettivo.
E PERO’… L’onda anomala era divenuta immediatamente travolgente, ancor prima di andare a leggere tra le pieghe di questo scampolo di stagione di Manolo Gabbiadini, quella in maglia blucerchiata: tredici presenze e sette gol in campionato, più altri due in Coppa Italia, che fanno nove e che sottolineano una propensione a lasciare il segno nelle difese avversarie persino superiore a quella di Higuain e a Callejon. Li separano pochi giorni di lancette, sarebbero quisquilie direbbe Totò: e comunque piccoli indizi per presentarsi e stimolare (immediatamente) un sorriso. E però certe cose sempre meglio dirle con i gol…
Fonte: Corriere dello Sport

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