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Maldonado: “Tutto sulla valigetta, il caso Palanca e il mio arrivo a Napoli. Cannavaro meritava di più, il due di picche al Genoa e quel furto a lieto fine…”

"Scudetto? Nulla è impossibile. Il Napoli gioca veramente bene e deve reggere fino alla fine"

Ha vestito la maglia azzurra dal 2006 al 2008 ed è stato protagonista della cavalcata del Napoli dal limbo della Serie C all’olimpo della Serie A. La sua esperienza nella nostra città continua a portarla nel cuore così come il suo ricordo del San Paolo “uno stadio indescrivibile con dei tifosi fantastici”. Dalla squalifica per l’aggressione all’arbitro Palanca al coinvolgimento nella vicenda della valigetta per la combine di Genoa-Venezia, Rubén Dario Maldonado Brizuela, a distanza di più di dieci anni dagli accadimenti, racconta come sono andate veramente le cose ai microfoni di CalcioNapoli24:

Ruben, cominciamo proprio dalla tua esperienza al Napoli

“Un’esperienza stupenda, non potrò mai dimenticare quei momenti. Giocare al San Paolo è stato stupendo, uno stadio sempre pieno che ti spingeva a dare sempre il meglio di te. Le gradinate sempre piene di tifosi fantastici era spettacolari. Sono ricordi che porterò sempre con me. La città, poi, era spettacolare. La gente mi dimostrava il suo affetto ogni volta che uscivo per prendere un caffè. Abitavo al Parco Sud Italia: mi affacciavo e vedevo il mare. Ricordo che riuscivo anche a vedere Capri in lontananza e amavo particolarmente la costiera Amalfitana”.

Com’è nata la trattativa che ti ha portato al Napoli?

“Ero di proprietà del Vicenza ma quando tornai dalle vacanze in Paraguay, mi dissero che la società era fallita. Un mio amico fisioterapista che mi curava per i miei problemi alla schiena aveva un centro medico a Cosenza e andai in Calabria per rimettermi in forma con il suo aiuto. Ero senza un contratto e aspettavo di trovare una soluzione quando il mio procuratore, Paolo Vagheggi, mi disse di aver ricevuto una telefonata da Pierpaolo Marino.Il direttore voleva che partecipassi col Napoli al Trofeo Birra Moretti. Ero contento della chiamata ma non ero in forma e dovetti a malincuore rifiutare la proposta perchè non ero in grado di poter giocare. Non volevo fare brutta figura soprattutto perchè avremmo affrontato squadre del calibro di Inter e Juventus. Continuai a lavorare sodo in attesa di una chiamata quando fu Marino in persona 10 giorni dopo ad offrirmi un contratto. Feci le valife in un attimo e presi il primo treno per Napoli. La domenica successiva ero già in campo contro il Piacenza in Coppa Italia. Ero felicissimo”.

Con Reja in panchina trovasti subito continuità…
“Vero, il mister aveva molta fiducia in me e mi mise subito al centro della difesa insieme a Romito o Giubilato. Anche l’anno dopo in Serie B nonostante l’arrivo di giocatori dello spessore di Cannavaro e Domizzi, Reja, vedendomi in forma negli allenamenti passè alla difesa a tre e alla fine della stagione risultammo la miglior difesa del campionato. riuscimmo a subire meno gol anche della Juventus. In Serie A. le cose cambiarono, arrivarono altri difensori e giocavo molto poco. Mi confrontai con la società ed andai in prestito al Chievo. Fu Iachini, con cui ho giocato assieme a Venezia, a telefonarmi: mi disse che aveva la sua difesa titolare ma che era sicuro che sarei riuscito a ritagliarmi il mio spazio. Arrivai a Verona e fui subito messo in campo contro il Piacenza. Giocai benissimo e segnai anche il gol vittoria. La domenica successiva, però, mi toccò la panchina e alla fine in sei mesi collezionai solo 3 presenze. Non ero contento, ma il fatto che fossi in prestito mi faceva partire svantaggiato rispetto agli altri difensori che erano di proprietà del Chievo”.

Perchè poi scegliesti di trasferirti in Argentina?

“Dopo la mia esperienza al Verona, tornai a Napoli ma sapevo che non avrei trovato spazio. Pampa Sosa, che si era trasferito al Gymnasia La Plata, mi chiamò e mi disse che avrei dovuto raggiungerlo in Argentina. Non ero per nulla convinto però alla terza telefonata di Roberto decisi di accettare. Marino non voleva che andassi via ma ne parlai anche con il presidente De Laurentiis. Compresero le mie motivazioni e mi lasciarono andare. Li ringrazierò sempre per avermi concesso la possibilità di vestire la maglia azzurra”.

Con chi hai legato di più al Napoli?

“Ho avuto un ottimo rapporto con tutti. Essendo sudamericano ho legato molto con il Pampa Sosa. Considero un grande amico Paolo Cannavaro, un grande capitano e una bandiera del Napoli. Mi dispiace tanto per come sia finita la sua avventura in azzurro. So che avrebbe voluto chiudere la carriera al Napoli e meritava di coronare il suo sogno”.

Hai mai avuto qualche problema con i napoletani?

“Mai! I napoletani sono sempre stati fantastici con me. Dispiace per quello che successo ad Insigne ma sono cose che capitano ovunque. Facile puntare sempre il dito su Napoli. Una volta negli spogliatoi, prima di un allenamento, un mio compagno di cui purtroppo non ricordo il nome, mi raccontò che la sera prima venne rapinato in centro. Quando i ladri si accorsero che la loro vittima fosse un giocatore del Napoli, chiesero scusa e restituirono tutto andandosene mortificati”.

Ruben, passiamo alle note poco liete della tua esperienza in Italia: l’episodio con l’arbitro Luca Palanca…

“Ho sempre ammesso di aver sbagliato ad agire in quel modo e ho pagato con un anno di squalifica, poi ridotto a nove mesi. E’ stato un periodo molto duro per me. Ricordo quando i miei compagni preparavano le loro borse e le scarpette per andare in trasferta. Ero il capitano e volevo che mi vedessero forte, ma quando poi mi mettevo in macchina per tornare a casa, ammetto che qualche lascrima non riuscivo a trattenerla.
Quando passai al Napoli, la mia prima partita in azzurro fu arbitrata proprio da Palanca. Prima del fischio d’inizio, Marino venne da me e mi disse che avrebbe voluto che io e l’arbitro ci chiarissimo e ci stringessimo la mano.
Gli risposi onestamente che non avrei voluto ma che l’avrei fatto solo perchè era lui a chiedermelo. Ci recammo nello spogliatoio di Palanca e il direttore di gara mi chiese scusa. Ero incredulo e gli chiesi come mai mi chiedesse scusa se pensasse che fossi stato io a sbagliare. Mi rispose che lo faceva per gettarci tutto alle spalle e che alla fine della partita avrebbe voluto che ci scambiassimo le magliette.
Gli risposi che non gli avrei mai dato la maglia del mio esordio in azzurro ma lui mi fece avere lo stesso la sua. Ripeto, ho sbagliato ad ‘aggredirlo’ ma continuo a dubitare del suo arbitraggio. In quella partita sembrava ci volesse prendere in giro ma voglio continuare a sperare che sia stata solo una sua giornata storta”.

Poi la storia della valigetta e della ‘combine’ per  Genoa-Venezia, come sono andate veramente le cose?

“Comincio col dirti che essere fermato per strada e preso in giro non è stato per niente bello. La gente mi chiedeva ridendo della valigetta…e la cosa mi faceva innervosire non poco. Quella famosa partita nemmeno la giocai. Dopo la squalifica, torno a giocare nove mesi contro l’Albinoleffe e mi faccio male seriamente alla caviglia. Ero il capitano di quel Venezia e decido di continuare a giocare nonostante avessi i legamenti stirati e una microfrattura. Decido di fermarmi solo alla terzultima di campionato quando matematicamente non avevamo nulla da dire al campionato.
Parlo con il medico e decidiamo assieme che la mia stagione si sarebbe conclusa e che avrei fatto degli accertamenti per riprendermi dall’infortunio. Quando vengo a sapere dello scandalo in cui sono stato tirato in ballo, decido di parlarne anche con il Genoa per avere dei chiaramenti.
I dirigenti rossoblù mi assicurarono che il mio acquisto era stato realmente chiuso con il Venezia ma il fatto che io non ne sapessi nulla sembrava parecchio strano. Sapevo dell’interesse di 4 o 5 squadre ma del Genoa, non ne sapevo assolutamente niente. Mi fu offerto comunque un contratto per trasferirimi in Liguria ma rifiutai senza esitazioni perchè non volevo più niente a che fare con quella faccenda.
Dopo Napoli-Luccchese, in cui segnai il mio primo gol in maglia azzurra, venni convocato a Genova dalla magistratura per alcune domande. Dissi tutto tranquillamente ma alla fine rimasi interdetto quando mi chiesero: “Allora perchè non hai firmato col Genoa e sei andato al Napoli?. La risposta fu molto semplice: “Ho firmato con il Napoli mica con una squadra di dilettanti!”. 

Segui ancora il Napoli?

“Assolutamente si! Seguo tutte le partite del Napoli da quando sono andato via. Mio figlio maggiore che ha 16 anni è un grande tifoso azzurro. Contro la Juventus, meritavamo il pareggio ma siamo stati veramente sfortunati. Quando il Napoli perse contro il Chelsea agli ottavi di Champions League e venne eliminato, ci rimasi davvero male. In quel Napoli giocavano alcuni miei ex compagni e avrebbero meritato di arrivare almeno ai quarti”. 

Lo scudetto è possibile?

“Nulla è impossibile. Il Napoli gioca veramente bene e deve reggere fino alla fine. La Juventus sta andando veramente bene ma, forse, la batosta di Champions contro il Bayern può portare qualche problema a livello psicologico e i bianconeri potrebbero perdere punti nelle prossime partite. Gli azzurri non devono mollare”.

Perchè non hai trovato tanto spazio in nazionale?

“In verità non ne ho idea. Credo che avrei meritato qualche possibilità in più ma non capisco perchè non me ne siano state concesse. Pensa che Paulo Da Silva, mio compatriota, non giocava quasi mai al Venezia mentre io ero il capitano titolare di quella squadra. Lui ha sempre giocato in nazionale mentre io ho appena disputato 12 partite, tra l’altro tutte amichevoli. Spero che non ci sia stato qualcosa dietro anche perchè ho giocato le selezioni giovanili del Paraguay”.

Hai conosciuto Chilavert?  

“Certo! Un giocatore ed una persona fantastica. Otre ad essere un grande portiere è sempre stato un vero leader. Per lui la pressione non è mai esistita. Riesce sempre a riflettere tutto su se stesso lasciando tranquillo il resto del gruppo. Sa sempre quando alzare la voce e quando parlare con calma per far arrivare perfettamente il messaggio”.

E che mi dici del giovane Sanabria?

“Ho cominciato a sentir parlare di lui circa due anni fa ed ho cominciato a seguirlo con attenzione. E’ maturato tantissimo e adesso sta facendo benissimo nello Sporting Gijon. Ha delle qualità ed un talento veramente speciale e nonostante già sia forte, ha dei grandi margini di miglioramento. Sentiremo parlare molto di lui”.

Attualmente giochi nel Club Nacional de Asuncion, la squadra della città che ti ha dato i natali…

“Si, da gennaio sono tornato ad Asuncion anche se sono da tempo alle prese con le terapie. Le botte che ho preso nella mia carriera stanno cominciando a farsi sentire con gli interessi”. 

L’anno scorso hai sfiorato l’impresa, hai sfiorato la Copa Libertadores.

“E’ stata una cavalcata fantastica con la maglia del Guaranì, in cui abbiamo eliminato squadre del calibro di Corinthias e il Racing di Avellaneda di Diego Milito. Ci siamo dovuti arrendere solo in semifinale al River Plate che poi si è laureato campione. E’ stata comunque una grande impresa”.

Ruben, cosa vuoi fare da grande?

“Bella domanda (ride n.d.r)! Quando ero al Gymnasia La Plata con il Pampa Sosa, ho fatto il corso di allenatore e ho conseguito il patentino. Non so ancora se vorrò intraprendere questa carriera ma il calcio è la mia vita. Devo ancora scegliere che ruolo svolgere ma di sicurò il mio futuro è in questo sport”.

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