Giovanni Malagò tuona contro il calcio. Dov’è la novità, direte voi? La novità sta nella durezza delle parole usate dal presidente del Coni in Consiglio nazionale. «Spero di non dover più assistere in futuro alla vergogna di uno stadio che fischia l’Inno di Mameli, come avvenuto sabato a Roma». Un episodio che «per fortuna ha avuto un contraltare forte nella finale di pallavolo, a Perugia» ma ha segnato profondamente lo sport italiano, «perché chi fischia l’Inno rifiuta l’autorità e il concetto di Patria. E fischia anche suo padre e sua madre, che l’hanno reso cittadino italiano. L’incultura sportiva che c’è in Italia dipende esclusivamente da ciò che per troppo tempo è stato professato nel mondo del calcio, inquinato da troppa gente che con il calcio non c’entra nulla. E’ uno scempio culturale che mortifica i nostri valori e contro cui dobbiamo combattere. E lo dico anche se so che il presidente Abete non ha responsabilità».
LOTITO. «Io non avrei permesso al mio capitano di parlare con il capo degli ultrà. Sembrava di stare al Colosseo in attesa del pollice verso dell’imperatore» : così il presidente della Lazio Claudio Lotito, a margine dell’assemblea di Lega ieri a Milano, ha commentato il colloquio fra il capitano del Napoli Marek Hamsik e il capo della Curva A Gennaro De Tommaso. «Non esprimo giudizi sui comportamenti dei miei colleghi, ma avrei detto no. Però vanno considerate anche le questioni di ordine pubblico. Bisogna distinguere fra tifosi, ossia appassionati che sostengono la squadra rispettando le regole, e delinquenti tifosi: è un problema di legalità. Fino a oggi questo metodo ha fatto comodo ad alcuni interpreti del sistema per consenso elettorale o per mettere pressione ai club anche per i contratti dei calciatori. E’ un mondo di farisei. Tutti quelli che ora fanno dichiarazioni dove erano fino a ieri? Ora per motivi elettorali tutti a dire belle parole. Il Governo deve assumersi la propria responsabilità e permettere alle società di svolgere la propria attività». Il presidente della Lazio ha ribadito la sua contrarietà al Daspo a vita, «un palliativo che frega poco a chi ha già pene per 8-10 anni di carcere», e ha invocato « tolleranza zero, processi per direttissima, pene più severe e certe, celle negli stadi, e la riforma della responsabilità oggettiva. E poi non abbiamo gli stadi di proprietà: se il tifoso vede lo stadio come casa propria lo rispetta».
Fonte: Corriere dello Sport
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