LA FESTA. Risultato: tra infortuni e consequenziali condizioni non ottimali, Maggio ha saltato ben diciotto partite. Un’enormità, per uno abituato a macinare da anni chilometri e chilometri sulla fascia. Da sempre, praticamente, e senza sosta. Che mazzata, a maggior ragione se la stagione incriminata è quella di un Mondiale da conquistare a 32 anni suonati. Che rabbia, che amarezza e dunque che festa, ieri, dopo l’annuncio del club Italia: se l’aspettava, anzi se l’aspettavano tutti, è bene ripeterlo, però dopo un’annata così fa comunque una certa sensazione.
IL FUTURO. Applausi per lui, insomma. Come quelli collezionati dopo la prestazione di domenica a Genova con la Samp a Marassi. La sua Samp. Pezzo di una vita neanche troppo passata che, però, considerando la pelle ormai azzurra è da considerasi di un’altra epoca. E ora? Beh, la situazione con il Napoli va affrontata, c’è poca da dire e da fare, lo dicono le carte: il suo contratto, infatti, scadrà nel 2015, e dunque è proprio questo il momento, il periodo per decidere di comune accordo la strada da intraprendere. Fino a poche settimane fa il suo manager, Massimo Briaschi, smorzava le voci di mercato: «In questo momento è il suo ultimo pensiero» . Ora, però, è guarito ed è tornato. E domenica con il Verona sarà anche l’ultima del campionato: i tempi sono maturi.
DESTINO NAZIONALE. In attesa di affrontare la situazione, comunque, la prospettiva migliore per guardare la vita è quella Mondiale: ieri nell’elenco dei 30 e domani? Beh, ovvio, l’obiettivo è che diventi ufficiale anche la convocazione per la lista dei 23 che si esibiranno in Brasile. Del resto, è a doppio filo che la recente vita di Maggio s’è intrecciata con la Nazionale: s’è sposato un giorno prima di raggiungere il ritiro dell’Italia alla vigilia del Mondiale sudafricano 2010 ed è a cavallo di due gare di qualificazione Mondiale con gli azzurri che, nel 2012, si catapultò a Napoli per abbracciare il primogenito Mattia. Salvo poi rientrare di corsa a Coverciano per sfidare la Danimarca a San Siro il giorno dopo. Irriducibile: se lo merita eccome, il Brasile.
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