Napoli chiama, Montevideo risponde. Grande risalto sui media uruguaiani alla nuova impresa di Edinson Roberto Cavani. Le immagini del suo ‘golazo’, realizzato negli istanti finali di Napoli-Lecce, accendono l’entusiasmo degli appassionati di calcio anche oltre l’Atlantico e tengono banco nelle trasmissioni sportive. Il soprannome di ‘el Botija’ (il ragazzino) è soppiantato dalla definizione ‘el Matador’. Al 23enne attaccante di Salto è stato conferito idealmente lo scettro di capotribù de ‘Los Charrúas’ in Italia. Il titolo di capocannoniere (10 gol in condominio con Di Natale) ampiamente sottolineato.
LOS CHARRUAS – I calciatori della nazionale uruguaiana (nota anche come la ‘Celeste’) sono definiti ‘Los Charrúas’, riecheggiando il nome di una fiera tribù indigena che abitava i territori del Sud America
(parte meridionale del Brasile e soprattutto l’Uruguay e il nord-est dell’Argentina) sin dall’antichità. Vittime della violenza dei colonizzatori europei, i Charrúa sopravvissuti progressivamente si sono integrati.
GRINTA DI CAVANI – Gli uruguaiani tendono a definirsi Charrúa nelle situazioni dove riescono con valore a superare ostacoli impegnativi. La ‘garra charrúa’ è la grinta per conseguire una vittoria quando ormai sembrava tutto perduto. Basta osservare come gioca Edinson Roberto Cavani per vedere in lui ‘garra charrúa’ e naturalmente una pura estetica dell’arte del football nella quale i grandi calciatori uruguaiani non sono secondi a nessuno.
LA CELESTE – L’Uruguay con una popolazione di abitanti più o meno uguale alla provincia di Napoli ha in bacheca due Coppe del mondo, 14 Coppe America (record insieme all’Argentina), due medaglie d’oro olimpiche e il Mundialito disputato a Montevideo nel 1981. Nell’ultima edizione della Coppa del Mondo in Sudafrica la Celeste ha dato spettacolo meritando probabilmente più del quarto posto conseguito.
La Redazione
F.C.
fonte:Corriere dello Sport.
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