D’accordo, il prezzo da saldi dei biglietti ha fatto la sua parte, ma anche se De Laurentiis non avesse deciso per una sorta di “porte aperte per la coppa Italia”, il San Paolo si sarebbe comunque riempito anche stavolta. Perché è forte nel popolo azzurro del pallone la speranza di cominciare una nuova collezione di trofei, è vero. Perché il pensiero di affrontare la Juventus in finale è assai eccitante, è vero pure questo; ma anche perché al San Paolo, pure nella notte della coppa Italia, dici Siena e pensi ancora al Chelsea, dici coppa Italia e pensi ancora alla Champions League. Sì, il pensiero di molti, di tanti, di quasi tutti quanti è rimasto a Londra. Ecco perché stavolta nella notte del San Paolo non c’è solo passione ma c’è pure rabbia. Che poi altro non è che il desiderio di mettersi definitivamente alle spalle l’amarezza dello Stamford Bridge.
DETTO FATTO – I due maghi del Napoli si mettono subito al lavoro. Dieci minuti ed è già numero da prestigiatori del pallone: Lavezzi-Cavani, mezza magìa col tacco e palla che con la complicità decisiva di Vergassola finisce nella porta. Il boato del San Paolo fa tremare strade e piazze lì vicino. S’esaltano subito i sessantamila dello stadio. E’ un gol che da solo già vale la finale, ma non basta. Sono in sessantamila a chiedere il bis, a volere la tranquillità. E arriva, la tranquillità. Di forza e di spettacolo. Di corsa e di precisione. Dai due maghi ai tre tenori e il giuoco è fatto. Lavezzi-Hamsik-Cavani e il più classico e bello dei contropiedi diventa un ricordo da mettere in cornice. Doppietta del Matador e boato che fa schizzare ancor più in alto l’ago della gara. Sì, Londra s’allontana e la Juve s’avvicina. La notte è quella giusta per sperare di mettere le mani sulla coppa Italia, trofeo che l’ultima volta il Napoli vinse nell’87. Un quarto di secolo fa. Una vita fa.
NON FINISCE QUI – Non s’accontentano i sessantamila e pure il Napoli vuol chiudere definitivamente partita e risultato. Niente scherzi e niente rischi. La finale di Roma è traguardo che non si può mancare, come dicono striscioni anti-Juve improvvisati, scritti con mano frettolosa tra il primo e il secondo tempo. Però nella ripresa c’è un po’ di sofferenza in campo azzurro. L’avverte, lo sente la gente dello stadio che si fa sentire. Che fischia gli avversari e spinge i suoi tenori e scatta in piedi quando Lavezzi lascia il posto a Pandev. Ma rischi veri il Napoli non ne corre mai, mentre il tempo passa e il match scivola verso la chiusura. Il gioco è fatto. Il Napoli è in finale. Lo stadio l’accompagna a Roma con ‘o surdato ‘nnammurato e la festa dallo stadio si trasferisce in un momento in tutta la città. Poca roba, però. Perché, si sa, non porta bene festeggiare prima. E poi c’è un’altra cosa. C’è il campionato che può valere ancora quel terzo posto che vuol dire Champions. Adesso l’obiettivo è quello. Catania, Juve e Lazio le prossime avversarie. E con Hamsik, Cavani e il Pocho tirati a lucido così, non c’è nulla che il Napoli non possa regalarsi. E regalare.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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