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Lunga intervista di Higuain al Cds: “Napoli, Nazionale, famiglia: ecco come la penso”

CASTELVOLTURNO – Higuain, la prendiamo alla lontana…: come sta? «Bene; anzi, diciamo meglio. Il lavoro prosegue, vado avanti con la tabella personalizzata per le prossime due giornate, Poi lunedì verifichiamo: manca ancora una settimana…».

Ha qualche acciacco anche Totti e, se possibile, ci dica la verità: non le dispiacerebbe giocare Roma-Napoli senza quel fenomeno…«E invece sarebbe giusto che ci sia, perché il calcio e certe sfide speciali hanno bisogno di talenti del genere di Totti. E’ un calciatore straordinario, che sta deliziando. Meglio giocarla con lui, se ne avvanteggerebbe lo spettacolo».

Saremo già alla sfida verità, tra sette giorni?  «E’ prestissimo persino per parlarne. Per quanto ci riguarda, cominceremo a pensarci fra settantadue ore. Però è indiscutibile che sarà una gara importante, capace di lanciare ulteriori segnali: ma nulla di più, niente di definitivo. La stagione è lunghissima, ci sarà modo per doversi eventualmente ricredere, comunque vada».

L’Olimpico le calza a pennello e l’ultima volta…  «Gol con la Nazionale all’Argentina, nell’amichevole con l’Italia. Forse anche bello, però questo è giusto lo diciate voi. In un clima particolare, una sfida in onore del Papa. E in uno stadio meraviglioso, che è storia del football, dove è bello giocare».

La Juve guarderà entrambe: i più forti sono i bianconeri? «Non so esprimere valori certi, non lo ha detto neanche questo primo scorcio del campionato e penso sia complicato possa accadere nel giro di qualche gara. Bisognerà almeno aspettare la fine del girone d’andata per intuire le vere forze e potrebbe persino non bastare. Ma comunque in genere non sono abituato ad interessarmi degli altri, penso alla mia squadra, a migliorarci, a crescere attraverso gli allenamenti. Non ho la tendenza a farmi gli affari degli altri, però è indiscutibile che ai campioni d’Italia non manchino i fuoriclasse».

Il Napoli visto da Higuain.  «Un gruppo forte, competitivo a qualsiasi livello, con una base solida costruita negli anni, reduce da qualificazioni in Europa League e in Champions, con una coppa Italia vinta. Io dico che siamo forti, molto forti. Che avvertiamo le giuste motivazioni». 

Quanto forti?  «Sono venuto perché il progetto mi piaceva e non voglio assolutamente che De Laurentiis e Benitez abbiano pentimenti per aver puntato su di me. Sono venuto per vincere e penso si possa lottare per riuscirci: siamo in condizione di lottare alla pari, di sognare lo scudetto, di tenere testa a chiunque in Champions».
Dovesse scegliere tra l’uno e l’altra?  «Sono felice di aver scelto Napoli e di essere stato scelto dal Napoli: De Laurentiis mi ha convinto parlandomi delle ambizioni e dunque non scelgo».

Torniamo al passato: centosette reti nella Liga con la maglia del Real Madrid… «E centoventuno in totale, tirando soltanto tre rigori. Non mi sembrano pochi, onestamente. E in una squadra nella quale non mancavano le stelle di immensa grandezza».

Andiamo per gradi: si starà organizzando per tirari i rigori qui? Ne ha parlato con Hamsik?  «No problem, mi creda».

Scelga la stella più luminosa con cui ha condiviso il palcoscenico. «Farei un torto a qualcuno, perché ho giocato praticamente con tutti. Con Messi in Nazionale, con Ronaldo e con Cristiano Ronaldo nel Real, ma anche con Van Nistelrooy, con Raul, con Roberto Carlos. Ma dovrei citarne una valanga ancora. Devo dire che sono stato fortunato». 

L’allenatore preferito? (Non li nominiamo tutti, perché ci vorrebbe una pagina) «Ho avuto ottimi rapporti con chiunque, sia in Nazionale che nei club. Ascolto, eseguo, rifletto: mi hanno aiutato per migliorarmi e con Benitez sta accadendo la stessa cosa. La sorte m’è stata amica, pure in questo senso: Passerella, Capello, Pellegrini, Mourinho…ma tutti, nessuno escluso, ha lasciato qualcosa dentro di me». 

Vero che Mourinho disse di lei: se potesse, si allenerebbe anche in pigiama?  «Vero. Voleva sottolineare la mia normalità, forse la mia umiltà. Fu un bel messaggio, che colsi con soddisfazione. Io sono fatto così». 

Lo special bomber è arrivato a Napoli dopo Cavani, centoquattro reti in tre stagioni.  «Una media straordinaria. Per lui parlano i numeri, se segni tanto non puoi che appartenere ai grandi». 

Il più grande di tutti l’ha lanciata in Nazionale.«E io a Maradona sarò grato per sempre. Ora capita di sentirsi saltuariamente, ma lui ha sempre belle parole per me: leggo dei messaggi che m’invia attraverso i social network, nelle dichiarazioni. Dire ciò ch’è stato Diego per l’Argentina e per Napoli è scontato, so cosa ha rappresentato per me e non posso che sottolinearlo ancora».

Erano gli anni del gelo con la sua Federcalcio: un argentino nato in Francia che restava fuori dalla lista dei convocati. E Domenech la corteggiava per strapparla al suo Paese…  «E’ un argomento sul quale mi sono espresso varie volte e che ha una sola risposta: ho scelto con il cuore, ovviamente».

L’ultimo mondiale che avete vinto risale al 1986…  «Troppo tempo, troppe ferite. Ma ci vogliono ancora otto mesi per il fischio d’inizio».

Mai oltre i quarti. E stavolta si giocano in Brasile. «So dove mi vuole portare. Io sono tranquillo, come i miei compagni. Sarà un impegno difficile». 

Perdoni: ma siete uno squadrone, come s’usa dire qui da noi. «E penso anch’io di far parte d’una Nazionale di grandi qualità tecniche, però in manifestazioni del genere servono tanti fattori, anche un pizzico di buona sorte. La speranza ovviamente è quella di offrire alla mia gente la felicità che aspettano ormai da oltre un quarto di secolo. Ce la metteremo tutta».

La frase è di Lavezzi, ma anche di altri suo connazionali: quando stai atterrando a Capodichino, hai netta l’impressione di essere a Buenos Aires. E’ tutto così uguale. «Condivido. I colori, i profumi, il caos del traffico, con le macchine e gli scooter che s’infilano ovunque. Io mi sono trovato subito molto bene, no ho incontrato alcuna difficoltà ad ambientarmi. E sono abituato a questi ritmi. Non mi sembra di scorgere alcuna differenza e devo dire ch’è bello». 

Sapeva anche del delirio per il calcio… «Ne avevo parlato con il “pocho” e anche con Campagnaro: mi avevano spiegato o forse pensavano d’averlo fatto, perché poi Napoli è stata capace di sorprendermi, di andare oltre il racconto ascoltato dai miei due amici. Ma tutto sommato io cui ci sono arrivato preparato, perché questa squadra l’ho seguita da bambino: c’era passato Diego, non potevo non essere interessato al suo destino. E quando ero piccino, mi informavo, vedevo per quel che si poteva all’epoca. Ho continuato a farlo negli anni. Certo, non potevo pensare che un giorno sarebbe toccato a me. E ora che ci sono, immaginare di poter vincere dove c’è riuscito soltanto lui dà una carica particolare». 

Da Maradona la divide la passione per i club di casa vostra: lui del Boca, lei del River. «E’ un affare di famiglia. L’ho ereditato dal mio papà. Sono cresciuto con quella maglia addosso, ho cominciato nelle giovanili, è stato il primo amore dal quale non ci si stacca mai».

E tra i ricordi incancellabili c’è una doppietta nel derby.  «Certe partite ti restano dentro». 

Una famiglia di atleti, nella quale emerge lei, che ha la stimmate del campione: però, a naso, l’artista di casa è sua madre, la signora Nancy.  «Dipinge ma non allestisce mostre. E’ bravissima in qualsiasi cosa si cimenti, soprattutto in cucina. E’ come tutte le mamme per ogni figlio: è fantastica. Però scriva che sono molto legato anche a mio padre, eh….». 

Non faremo torto a nessuno, neanche a lei: meglio l’Italia o la Spagna?  «Due modi di interpretare il calcio in maniera diversa. Dipende dai punti di vista».

 

La Redazione

G.D.

Fonte: Corriere dello Sport

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