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Lunga intervista a Prandelli: “Higuain modello per Balo. Il Napoli ha cambiato tanto”

Cesare Prandelli, parte il campionato e gioca subito Balotelli. Il suo arrivo a Verona è già un caso.
«Io dico che è giusto parlare di razzismo».

Lei Verona la conosce bene, ci ha anche lavorato: teme possa accadere qualcosa di spiacevole?
«No, nessuna paura. Discutiamo del problema, con equilibrio, ognuno ha una sua idea di razzismo, quando se ne parla in questi termini di civiltà per me va bene».

Però certi fatti sono già avvenuti, se è vero che la Serie A riparte con alcune curve vuote.
«Siamo in una fase di grande cambiamento culturale. E’ vero, ci sono queste situazioni punitive legate a provvedimenti restrittivi. Io penso che tra qualche settimana saremo tutti allineati, perché tutti vogliamo la stessa cosa: che il calcio sia uno spettacolo».

Lei è ottimista?
«Siamo obbligati a esserlo come siamo obbligati a cambiare. Anche perché siamo l’ultimo Paese dell’Europa che deve allinearsi al resto del continente».

Venendo all’aspetto tecnico, cosa si aspetta da Balotelli, per la prima volta titolare dall’inizio di un campionato di Serie A e proprio nella stagione “mondiale”?
«Mi aspetto quello che si aspetta Allegri, né più né meno. Mario ha grandi potenzialità, ma deve togliere da dentro certe cose che lo frenano. Non deve innervosirsi solo per il fatto che tutti vorranno fermarlo. Proveranno a provocarlo, ma lui deve accettare la sfida. Deve essere in grado di giocare in modo leale, corretto senza reazioni».

Pensiamo che si aspetti anche i gol, tanti gol.
«Se Mario pensa a fare quello che ho appena detto può vincere la classifica dei cannonieri, ma se pensa che a ogni pallone deve fare gol, allora, mah… Contro il Psv è stato tra i migliori anche senza segnare».

Aspettando di vedere la maturazione di Balotelli, chi sarà l’attaccante degli…attaccanti ?
«Sono sicuro di un protagonista: Higuain. Il suo impatto nella partita contro di noi, all’Olimpico, mi ha impressionato. Sa giocare anche con la squadra, oltre che per la squadra».

Più che un giocatore, un modello. Magari anche per Balotelli…
«I grandi campioni sono quelli che accettano la sfida non solo tecnica ma anche caratteriale. Avversari che fanno falli o falletti, che dicono qualche parolina quando affrontano i campioni ci sono e ci saranno sempre. Bene, i campioni veri non pensano alle reazioni. Perché quelle sono solo energie sprecate e dimostrazione di fragilità: e il grande campione non è mai fragile».

A proposito di grandezza e di Real, cosa pensa dei 100 milioni per Bale?
«Sul valore non saprei dare giudizi. Ovvio che in questo periodo di crisi mondiale, leggendo queste cifre ti viene da riflettere. Il calcio dovrebbe restare collegato alla società e non porsi fuori contesto. E poi c’è un altro aspetto: non so se Bale riuscirà a reggere il peso di essere universalmente conosciuto come mister 100 milioni».

Chi è più pragmatico si chiede se il gallese valga tanto.
«Pragmaticamente rispondo che se il Real ha davvero sborsato 100 milioni la risposta è nella cronaca di queste ore. Bale è senza dubbio uno straordinario giocatore, con qualità evidenti, anche nei 26 gol da centrocampista offensivo che ha segnato la passata stagione. C’è invece la questione morale da risolvere. Proposta personale: se il valore di un giocatore supera cifre “immorali”, allora che una percentuale dell’operazione vada a qualche istituzione benefica del suo Paese di origine».

Tema campionato: la Juve è partita come un razzo in Supercoppa, giusto considerarla ancora la favorita allo scudetto?
«Direi che il biglietto da visita è stato chiaro. Vincere per tre anni di seguito non è così scontato ma le premesse ci sono tutte».

Cosa dovrebbe succedere perché ciò non avvenisse?
«Non lo so. La Juve ha un patrimonio straordinario: cultura del lavoro, mentalità, società, squadra, allenatore. Soprattutto l’allenatore, che è diventato, per meriti, il riferimento assoluto di tutto l’universo bianconero. Ecco, questa è la novità dell’ultima Juve».

Un Conte alla Ferguson?
«Un Conte alla Conte, ma in stile manager inglese. Oh, Antonio fa tutto, e meritatamente, ha innescato anche un cambiamento, se vogliamo, nel mondo del calcio. Non è più solo un tecnico, la sua è una svolta epocale».

Secondo Prandelli a cosa punta davvero la Juve, reduce da una stagione in cui il gap con l’Europa non è stato colmato?
«La Juve penserà a tutto, come nella mentalità dei vincenti. La Juve non può scegliere. Il suo cammino oltretutto va di pari passo con l’evoluzione del gioco, ha dimostrato di saper giocare in tanti modi e lo farà anche in campo internazionale».

Il Napoli sarà l’anti Juve anche quest’anno?
«Il Napoli ha cambiato tanto, dalla guida tecnica al modo di stare in campo. Io non farei paragoni: si può giocar bene in tanti modi, mantenendo una mentalità propositiva. La squadra è di buona qualità complessiva, non so se manca ancora qualcosa ma mi è piaciuto il coraggio di cambiare».

Il coraggio di cambiare?
«Nel senso che magari avrebbero potuto cercare qualcuno simile a Mazzarri invece di svoltare in modo così netto. Io lo leggo come un segnale di progresso, fatto da gente che guarda avanti, che cerca un futuro diverso».

Sarà solo Juve-Napoli?
«Il nostro resta un torneo complesso, non vedo una griglia precisa ma un gruppo di squadre con grandi potenzialità vincenti. Il Milan, la Fiorentina, l’Inter, la Roma che resta un’incognita intrigante, la stessa Lazio».

L’elenco va bene: ma le qualità specifiche?
«Dal punto di vista del gioco la Fiorentina per me è stata la migliore della passata stagione. Ma prendiamo la Lazio: vero che si è persa nella seconda parte, per il peso della Europa League, ma a lungo è stata al vertice. Bene: entrambe hanno mantenuto il gruppo dello scorso campionato se non migliorandosi, come i viola».

I Della Valle hanno affidato a Montella un progetto a lungo termine. Le ricorda qualcosa?
«Io direi che questo è un progetto diverso, molto diverso, rispetto al passato. Quando si parlava di crescita, perché si veniva da stagioni difficili, si pensava alla valorizzazione dei giovani: questo era al centro del mio progetto. In questi due anni in società hanno pensato a consolidare l’esistente, cercando giocatori esperti e in età giusta per provare a vincere subito».

Anche lei disse una volta a Firenze “Proviamoci”.
«Ecco, diciamo che ora ci stanno provando. Vuol dire che la proprietà ha cambiato strategia».

E’ giusto dire che l’Inter non ha la qualità individuale delle altre?
«Ma l’Inter ha Mazzarri, che non ha mai sbagliato una stagione. Ha carattere e idee, dunque non sottovaluterei l’Inter, che ha anche il grande vantaggio di poter lavorare, tutta la settimana, senza assilli europei. Un aiuto decisivo per che inizia un lavoro in una piazza nuova».

Novità a getto continuo, quelle della Roma, tanto da apparire a tratti caotica.
«Può essere vero, però la Roma è la Roma…Ci ha fatto vedere giovani di prospettiva, che poi sono stati ceduti per essere rimpiazzati da altri. Vediamo, la Roma può essere una sorpresa, perché ci sono ancora troppi se…se Lamela, se De Rossi…se…se. Ma il corpo di squadra c’è».

Stesso discorso per il Milan?
«Il Milan parte avvantaggiato rispetto a un anno fa. Allora avevano venduto… tutti; sono serviti dei mesi ad Allegri, che ha fatto un grande lavoro, per trovare un giusto equilibrio, tra pressioni enormi. Ora parte con Balo dall’inizio e con un’iniezione di gioventù di valore che ne fa una tra le più giovani squadre di vertice della Serie A, schierando tra i titolari De Sciglio, El Shaarawy, Balo più Niang: nessuno è nelle stesse condizioni».

Veniamo all’azzurro di casa sua. Partendo in questo caso…dalla fine. Tra un anno esatto lei sarà alla vigilia di cosa: campionato o qualificazioni a Euro 2016…?
«Guardate. Il mio futuro è adesso. Qualifichiamoci! Poi ci sarà tempo per tutto».

Dopo quattro anni, potrebbe continuare a fare il ct?
«Continuerò ad allenare, è certo».

Un anno fa, di quest’epoca, ci disse che dopo la Nazionale non le sarebbe dispiaciuto allenare all’estero.
«Confermo, ma non ho preclusioni per l’Italia, questo sia chiaro. Vorrei sicuramente un progetto per provare a vincere qualcosa».

Pensa di andare al mondiale come fece Lippi, nel 2010, ovvero annunciando prima della partenza il suo addio alla panchina azzurra?
«Lo ripeto: qualifichiamoci! Poi ci sarà tutto il tempo per fare ogni tipo di programma: con garbo e nettezza. Ma posso dire che, in quel caso, il mio futuro sarà chiaro per tutti».

Certo che se torna a un club deve ricominciare a lavorare…
Sorrisetto: «E lavorare è dura…».

Sul piano personale cosa potrà darle Brasile 2014? Un buon mondiale aumenterebbe il suo “valore”?
«Io dico che il futuro degli allenatori non dipende solo da quello che uno vince ma da quello che uno propone. La classe dirigente deve scegliere un progetto e l’allenatore giusto per cercare di centrarlo: all’estero è così, dovrebbe essere così anche qui».

Intanto a Torino, contro la Repubblica Ceca, il prossimo 10 settembre, lei supererà Trapattoni come panchine azzurre: 44 a 43.
«Davvero? Ma ve lo dico io: Trapattoni non si supera, in nessun campo…Io mi chiedo ancora come faccia ad avere tutta quella energia».

Se parliamo di età bisogna dire che la sua Nazionale andrà al mondiale nuovamente con una delle età medie più alte. Eppure lei ha chiamato 78 giocatori di cui 46 deb in tre anni ma in Brasile punterà ancora su almeno 5 campioni del mondo 2006: l’Italia, anche la sua, non è un Paese per giovani?
«Abbiamo fatto grandi cambiamenti, ma dobbiamo ricordare che giochiamo per ottenere dei risultati. Per questo quando mi chiedono di Totti o di Del Piero o Di Natale ripeto che la porta resta aperta per loro. Li seguiamo sul serio, non è un modo di dire. In Brasile serviranno 23 atleti, certamente, ma anche i migliori, non necessariamente under 25. I giovani bravi ci sono ma devono fare un salto di qualità se vogliono arrivare oltre certi senatori ancora capaci di grande rendimento».

Insigne, per quello che si è visto con l’Argentina, sembra ben avviato.
«Sì, contro l’Argentina ha dimostrato di avere la personalità giusta. E quando parlo di salto di qualità mi riferisco a questo: anche al saper rischiare».

Verratti invece…
«Verratti invece…Calma. Ha pagato un fatto noto, da noi: ci si innamora delle novità, ma dopo 15 partite gli occhi con cui si guarda un giovane sono diversi. All’inizio va bene tutto poi si diventa esigenti».

E lei cosa esige?
«Primo: di non andare col… culo per terra. Un centrocampista davanti alla difesa non può entrare in scivolata. Eppoi deve mettere la sua indubbia proprietà tecnica al servizio della squadra. Voglio dire che deve orientarsi di più al gioco, alzare il raggio d’azione, vedere piùampio e profondo; se migliora questi due aspetti, ci siamo».

Può diventare l’erede di Pirlo. Che resta ancora lassù.
«Pirlo può stordire chiunque in un confronto».

Lei insiste con De Rossi centrale difensivo, addirittura in una difesa a 4, un azzardo, con l’Argentina.
«Ma sono situazioni da provare, e lo devi fare in una partita vera. Con l’addestramento giusto può diventare uno dei difensori centrali più forti d’Europa. Mascherano il salto l’ha fatto così, ma ci vuole tempo».

Dopo la Confederations siete ripartiti proprio dall’Argentina. Sinceramente è sembrata più forte del Brasile visto…in Brasile.
«A me pare che anche quella di Felipao sia tanta roba ma è vero che all’Olimpico abbiamo giocato contro una squadra senza Messi, Aguero, Tevez eppure… Come centrocampo e attacco l’Argentina è la più forte al mondo».

Dica una nazionale che può sorprendere.
«Il Belgio».

Giaccherini e Osvaldo hanno appena lasciato l’Italia. Ripercussioni?
«Nessuna. Anzi, sono felicissimo per Giaccherini, perché è riuscito a trovare un buon contratto e spazio per giocare: la sua partenza è stato un affare per tutti».

Osvaldo per parte sua è sembrato subito… sollevato anche troppo.
«Osvaldo ha scelto Pochettino, la persona che gli ha tirato fuori il meglio. Sono convinto che farà una grande stagione».

Anche Cassano pare deciso a metterla in difficoltà.
«Vale il discorso fatto per Totti e compagni. Anzi di più. Cassano lo seguiamo, con grandissimo interesse».

Ci ha più parlato?
«No, ma non ce n’è bisogno…».

E Giuseppe Rossi?
«Mi ha fatto piacere vederlo in campo contro il Grasshoppers. Lo aspetto. Del resto non dimentico che Rossi-Cassano sono stati i titolari del mio primo biennio. La chiamavano la banda Bassotti ma quei Bassotti ci hanno portato all’Europeo».

Per il mondiale adesso le manca proprio la pedina giusta da affiancare a Balotelli.
«Accanto a Mario, Osvaldo, contro il Brasile, in Svizzera, fece bene…Vediamo. Non sono le idee che ci mancano».

Fonte: Corriere dello Sport.

La Redazione.

D.G.

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