NAPOLI – Vent’anni dall’ultima recita di Maradona. Il sipario sulle stagioni napoletane calò il 17 marzo ’91, partita contro il Bari. Vittoria per 1-0, rete di Zola, l’erede di Diego: un segno del destino. Negli spogliatoi il capitano venne sorteggiato per il controllo antidoping. Quando accadeva, secondo quanto avrebbe rivelato anni dopo Ferlaino in un’intervista al «Mattino», scattava un sistema di protezione per l’argentino, a rischio perché abituale consumatore di cocaina.
«Una pompetta con urina pulita da versare nel contenitore per il test». L’ingegnere aveva così tentato di difendere il Napoli e Maradona, il campione che non era più se stesso, quel talento che fece impazzire Napoli. L’aveva rovinato la cocaina. La droga venne trovata nelle urine di Diego e scattò la sospensione dopo la partita del 24, persa sul campo della Samp per 4-1. Era un lunedì e al citofono di via Scipione Capece 3/A bussò il direttore sportivo Giorgio Perinetti.
«Diego aveva chiesto il permesso per allontanarsi da Napoli alcuni giorni, gli spiegai che non era possibile perché ci avevano comunicato che era risultato positivo all’antidoping. Mi guardò, mise la mano sul fianco e mi disse tre parole: non è possibile». Il declino di Maradona era stato evidente e inesorabile. Dai festini alla tossicodipendenza sotto gli occhi di presunti amici, di compagni e tecnici impotenti. Nell’ultima stagione tante assenze al campo d’allenamento di Soccavo e alle partite. Neanche quella del 17 marzo Diego avrebbe dovuto giocare. Non s’era allenato per giorni, sfuggendo ai controlli della società e della famiglia.
Si presentò il sabato sera al Centro Paradiso e lo fecero accomodare. Era pieno di cocaina e non si pensò di bloccarlo, rispedendolo a casa. Maradona giocò novanta minuti contro il Bari, pochi squilli, niente a che vedere con i gol e le azioni degli anni più belli, quelli degli scudetti e della coppa Uefa. Applaudì e abbracciò Zola, poi scherzando si presentò nella saletta doping.
In un altro angolo dello stadio Luciano Moggi, il direttore generale, stava annunciando il suo addio al Napoli. Una contemporaneità casuale, però fece riflettere. Il controllo antidoping non sarebbe stato di routine, come tutto quello che ha riguardato la vita di Maradona. Infatti, Ferlaino temeva che emergesse qualcosa da quel test e alle sette del lunedì telefonò al segretario Gigi Pavarese: «Ha accompagnato lei Diego nella sala antidoping?».
Pavarese era rimasto in tribuna, perché reduce da un intervento chirurgico e in procinto di trasferirsi con Moggi a Torino. Forse Maradona pensava di scamparla ancora una volta, però aveva tirato tanta cocaina nelle nottate sulla collina di Posillipo: venne fuori nel laboratorio dell’Acquacetosa, a Roma. Non era riuscito a frenarsi neanche dopo essere stato convocato dai magistrati a Castelcapuano perché intercettato in una telefonata con na maitresse: chiedeva prostitute e cocaina.
Vent’anni dopo Maradona, il Napoli è tornato lassù e vince con un altro argentino, Lavezzi, pupillo dell’ex allenatore della Seleccion che da quella domenica del ’91 ha rimesso piede in città soltanto una volta, per l’addio di Ciro Ferrara al calcio nel 2005. Pochi giorni fa è stata qui Dalma, la primogenita. Aveva quattro anni quando il padre venne squalificato, chiudendo nel modo più penoso la sua storia di capitano e stella del Napoli, 81 gol in 188 partite, tante vittorie e un amore senza confini.
Di quella domenica triste restano solo foto, in vendita a 10 euro su Ebay: l’ultima di Maradona a Napoli, chi offre di più?
Fonte Il Mattino
La Redazione
M.C
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