Lui che ha un tono di voce molto basso, spesso imitato da Fiorello, ha tirato fuori parole forti alla vigilia del match contro la Juve. «Dimissioni? Mai dire mai». Luis Enrique, 41 anni, preso dalla Roma per aprire un ciclo, anzi «un progetto» come ha detto il direttore generale Franco Baldini, che lo ha portato in serie A dopo l’esperienza con il Barcellona-B (portato a uno storico piazzamento in Seconda divisione), era finito nel mirino dopo la pesante sconfitta sul campo della Fiorentina. Lui come la sua nuova idea di calcio. Poi la Roma ha tirato fuori il carattere contro i bianconeri e ha ottenuto un pareggio molto apprezzato dai tifosi, anche se non sono mancate le critiche al «Divino» Totti, che ha replicato con durezza ai fischi e ai cori ostili ascoltati dopo il rigore parato da Buffon.
Atleta vero (prima di dedicarsi al calcio era stato maratoneta), Luis Enrique è diventato subito un personaggio e non soltanto per le imitazioni di Fiorello. Nella scorsa estate, prima delle sedute di allenamento a Brunico, mostrava ai giocatori giallorossi sull’I-pad il programma di lavoro. E poi quel calcio particolare, ispirato al bello, ovvero al Barcellona del suo amico Pep Guardiola. Un modello da riproporre anche a Roma, dopo essere stato scelto dalla nuova dirigenza italo-americana per riportare la squadra in alto. «Ma servono tempo e fiducia, abbiamo aperto un progetto con i giovani e non tutto possiamo ottenere subito», all’unisono Luis Enrique e Baldini, che ha difeso il tecnico spagnolo con forza dopo i tre gol incassati a Firenze: era stata addirittura ventilata l’ipotesi di un addio, ecco perché c’erano state quelle parole. «Dimissioni? Mai dire mai». Ma la corsa dell’ex giocatore del Barça e delle Furie Rosse è continuata.
L’allenatore spagnolo cerca l’impresa a Napoli, contro una delle tre squadre italiane che parteciperanno agli ottavi di Champions League. La Roma non è così in alto, punta a migliorare la posizione in classifica e Luis Enrique ad allontanare le ombre dalla sua panchina, placando le contestazioni che si sono ascoltate dopo alcune deludenti prestazioni della squadra. Lui si considera un hombre vertical, non ha paura del confronto con la piazza e i giocatori di maggiore personalità. Ha parlato chiaro anche a Totti, il simbolo di Roma giallorossa, quando ha messo piede per la prima volta a Trigoria. Ha usato i metodi duri con Osvaldo, quando ha litigato con Lamela negli spogliatoi di Udine. Perché – anche questo è il senso del progetto di Luis Enrique – si cresce attraverso le vittorie e gli esempi. Intanto, lui cerca il colpo grosso a Fuorigrotta.
La Redazione
P.S.
Fonte: Il Mattino
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