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Lorenzo Insigne, la ribellione e l’orgoglio ferito

Dal 1° luglio 2022 Lorenzo Insigne sarà un calciatore del Toronto FC. Una frase che, se letta qualche anno fa, avrebbe fatto ridere parecchie persone, anche quelli che ritengono la MLS un signor campionato. Ma l’addio di Insigne dal Napoli è realtà. O meglio, lo sarà tra sei mesi. Un calciatore e un uomo che ha sempre diviso l’opinione pubblica, a Napoli come nel resto d’Italia. Divenuto capitano dopo l’addio di Hamsik, gli è sempre stato imputato il suo non essere un campione. Insigne lo ami o lo odi. E questa è una delle sue vittorie più grandi. Male o bene, l’importante è che parlino di te.

Lorenzo Insigne: odi et amo, la scorza, io so’ io…

Filosofie narcisistiche a parte, Insigne è l’emblema della ribellione del ragazzo della provincia di Napoli. Insomma, una delle ultime ruote del carro della scala sociale, che nel corso degli anni arriva a essere il capitano del Napoli, a vincere l’Europeo con l’Italia segnando un gol stratosferico col Belgio. Una bella storia. Bellissima, anzi. Poi c’è dell’altro. C’è il carattere, e quello è difficile da contenere. Non è tutto rosa e fiori. Non si diventa Lorenzo Insigne dicendo sempre “Sì, Signore” e non avendo la forza di ribellarsi. Anche commettendo cazzate. Che non sono state poche. “Siediti in panchina e non rompere il c***o“, è ciò che disse Sarri a Insigne dopo una sostituzione mal digerita. Poi l’ammutinamento, accaduto perché Ancelotti non riuscì a mantenere il controllo dello spogliatoio e la società decise per un ritiro punitivo. Aurelio De Laurentiis era con Ceferin e Marchetti e lo spogliatoio del Napoli sembrava più una riunione tra condomini incavolati con l’amministratore del palazzo, piuttosto che uno spogliatoio. Cose note, diciamo.

Il Napoli non vuole Insigne, vuole il ridimensionamento

Il Napoli viaggia verso un ridimensionamento del monte ingaggi, e probabilmente anche tecnico. Si cercheranno giovani promesse alla Elmas, alla Tuanzebe. De Laurentiis è, dopo tutto, contento che Insigne non rinnovi il proprio contratto. Al di là degli screzi personali, che non sono pochi. Il Napoli vuole contenere i costi e i ricavi della Champions League dovranno essere un plus, altrimenti il bilancio tra entrate e uscite dev’essere zero. 3,5 milioni di euro l’anno, più 1,5 milione di bonus molto difficili da raggiungere, per uno dello status di Insigne sono oggettivamente bassi. L’orgoglio è ferito, indubbiamente. Perché il Napoli non gli ha dato la possibilità di concludere la sua carriera con la maglia azzurra. De Rossi ha rinnovato con la Roma per 6,5 milioni di euro l’anno ed è diventato una bandiera anche per questo. Totti a 37 anni guadagnava 4,5 milioni di euro netti (fonte: Calcio e Finanza). Un milione in più di quanto avrebbe guadagnato Insigne a 31 anni e con almeno cinque anni da giocare ad altissimi livelli. I due non sono paragonabili, chiaro. Ma lo sfondo è lo stesso.

Conflitto

Il conflitto tra Aurelio De Laurentiis, la città di Napoli e Lorenzo Insigne è andato avanti per anni. E continuerà. Per evitare quest’epilogo, bastava poco da parte di tutte le parti in causa. Quel poco che il presidente del Napoli non ha mai voluto dare per farsi amare dalla metà della tifoseria con cui non è mai riuscito ad entrare in sintonia. Quelle piccole cose come le dichiarazioni sulla pizza. Cose del genere. Non stare sempre sul piede di guerra, così come la città di Napoli contro il proprio capitano, a cui si può -forse si deve- imputare più di qualche sclero in meno nel corso di una carriera importantissima. A luglio si diceva “chissà come finirà questa storia”. E’ finita.

Nico Bastone

 

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