REGGIO EMILIA – Gira, giraaaa. L’urlo verso il cielo è l’esplosione di felicità: quante volte, Lorenzo? «Avete visto Paolo, ha avuto paura che gli facessi il dribbling». Gli scugnizzi son fatti così, prenderli o lasciarli: e stavolta che sorridere si può, persino con Cannavaro ch’è stato fratello e consigliere e guida spirituale, val la pena di ripensare, di rivedersi, di raccontarsi in quella parabola perfida e dannata (per mesi e mesi) e poi diabolicamente splendida. Gira, giraaa: ma sì, stavolta il pallone ha disegnato quel che il destro d’Insigne gli aveva imposto di tratteggiare, un percorso netto e perfetto sino all’angolo lontano. « E Paolo, conoscendomi bene, ha pensato che invece volessi rientrare, per saltarlo. Ed ha temuto che se ci avessi provato ci sarei anche riuscito: e allora m’ha lasciato calciare». Il gol, modello-Insigne, è un insieme di perizia, di destrezza e di sfrontatezza: è il calcio allo stato puro che induce all’esplosione collettiva, è poesia da sussurrare a quei cinque o forse sei o magari settemila tifosi che ormai si sgolano per lui. «E’ tutto risolto, ho chiarito e chieso scusa: quella volta, quando venni fischiato al San Paolo, sbagliai, reagendo male, in maniera inappropriata. Ma è un incidente ormai chiuso da tempo».
E CINQUE – I fischi, già; o anche la diffidenza rumorosa, ascoltata ogni volta che Insigne ha provato ad armare se stesso, con la giocata da raccontare a Carmine, suo figlio: l’attacco frontale da sinistra, l’uomo contro uomo per fingere di entrare dall’esterno, poi conversione verso il centro, il destro, un po’ collo e un po’ interno, che dà l’effetto e finisce lì, dove osano i fenomeni. Quante volte, Lorenzo? Una, due….cinque, fino a rischiare di sfiduciarsi, fino ad immalinconirsi: e per fortuna (sua, del Napoli) che la punizione con il Borussia Dortmund andò proprio all’incrocio; e poi la rasoiata al ritorno, in Germania; e poi il tap in a Verona, con il Chievo; e il gol all’Atalanta, in Coppa Italia: quattro volte Insigne, troppo poche per essere vere. «Però dimenticate un particolare: in questo Napoli io faccio soprattutto l’esterno, mentre in passato ero terzo d’attacco. E’ uno schema nuovo, che chiede altre responsabilità. Ma io spero di essermi sbloccato, di poter segnare ancora e tanto». Diciannove reti con il Foggia di Zeman, diciotto gol con il Pescara di Zeman, poi le cinque «perline» della passata stagione e stavolta quel velo di diffidenza da squarciare: quella era la palla buona, anche se di fronte c’era Cannavaro, l’amico al quale ha chiesto la maglietta, concedendo la propria.
GRAZIE, RAGAZZI – L’Insigne che prima o poi t’aspetti non è però soltanto in quella pennellata d’autore, perché a Reggio Emilia c’è ben altro ancora: c’è la partecipazione e il sacrificio, c’è la ricerca della giocata, c’è l’assist e pure un po’ di ingordigia, c’è quasi una nuova stagione che si sta spalancando dinnanzi e nella quale è arrivato il momento di tuffarsi. E c’è il solito confronto Cavani-Higuain, scansato con un dribbling diplomatico: «Ho avuto la fortuna di giocare con due campioni: el pipita è uomo squadra, el matador è più individualista, ma sono due grandissimi ed io sono fiero di essere stato compagno di squadra di uno e di esserlo adesso dell’altro». Ma sì, gira, giraaaaa.
Fonte: Corriere dello Sport
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