Dategli una leva, vi solleverà il copione: perché in quel calcio geometrico, un titic-titoc in salsa partenopea, la svolta è a destra o a sinistra, dipende dai casi, dall’evoluzione del gioco, dallo sviluppo dell’azione, dagli spostamenti propri e dunque degli avversari. Il Napoli di Mazzarri recita un copione mandato ormai a memoria e nelle sue tre stagioni ha ribadito la centralità dell’organizzazione (soprattutto offensiva) alla capacità di dominare sulle fasce: non è un caso che la priorità (quasi) assoluta venga riservata alla ricerca di esterni di passo, possibilmente fisici, indiscutibilmente rapidi, affinché la regia (che è sistematicamente) esterna sia espressa con rapidità di corsa e di pensiero. La squadra è fatta, l’ossatura è solida e la precedenza è per quelli che una volta si chiamano fluidificanti e che nel 3-5-2 di Mazzarri rappresentano medianoni d’anticha accezione, però uomini di lotta e di governo. Juan Cuadrado ha 24 anni, una gamba che va, la padronanza e l’elasticità per difendere e ripartire, semmai a campo aperto o anche dopo il palleggio prolungato che prevede il cambio gioco per trovare scoperto l’avversario ormai lasciato scivolare dolcemente sul versante opposto: ha, nelle corde, soprattutto la ripartenza e «vede» meglio l’area avversaria che non la propria; però è perfettamente in linea con il progetto, e poi sa pure di amabile scommessa con se stesso: far del colombiano di stanza a Udine un altro Zuniga, rimuovendone i difettucci ed esaltandone i pregi, e poi sfruttandone la capacità di sapere giocare sia da una parte che dall’altra. Un Napoli al Cuadrado non è una tentazione è un’idea di calcio.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
