Un paio di scarpette bianche da calcio ai piedi della bacheca del dolore. Un foglietto a quadretti ripiegato sotto le stringhe. Diceva: “Lassù nel cielo continuerai a lottare in mezzo al campo, riposa in pace Moro. Firmato: un mediano come te”. E’ una cancellata piena di sciarpe, di maglie, di rose amaranto, di ricordi. E di pianti. Uomini anziani, mamme, bambini, non solo ultras, ma tutta Livorno è davanti a quella tragedia. La sua tragedia. Piermario Morosini era arrivato all’Ardenza tre mesi fa. Gli sono bastati per conquistare questa gente che con una battuta ti toglie la pelle, ma sa come donare se stessa.
IL RITORNO – E’ notte fonda quando il pullman della squadra arriva all’hotel Continental di Tirrenia. E’ stato un viaggio assurdo, surreale, come tutto quello che i giocatori avevano vissuto poche ore prima a Pescara. Un centinaio di tifosi li stanno aspettando davanti all’albergo. Piove. A mezzanotte e mezzo i giocatori sfilano fra due ali di folla che applaude. Nessuno parla. Vengono appesi due striscioni: “Ciao Moro” e “25″ , il numero della maglia che non apparirà più nella lista dei giocatori del Livorno. C’è chi, fra quei tifosi, è appena arrivato da Pescara e racconta le ore all’ospedale, fra le urla di rabbia e il pianto disperato di quei ragazzi.
LA VEGLIA- Sul muro della curva Nord, all’esterno dello stadio, appare uno striscione lungo più di trenta metri. “Nella tua vita hai lottato, in campo l’ha dimostrato, ciao Moro”. Con il nastro adesivo sono incollate le maglie del Pescara, dell’Aek Atene e quella amaranto col 25. La notte è segnata sulle facce dei giocatori e dei tifosi. Il sonno è diventato un incubo, il risveglio pieno di un dolore che ha preso coscienza e che ora dilania. I livornesi cominciano ad arrivare nel piazzale davanti allo stadio. Cercano qualcosa che non possono trovare, cercano qualcuno che non c’è più e che invece sentono ancora nei loro cuori. E’ una messa bianca, un funerale ininterrotto, il Moro è ancora a Pescara eppure è come se fosse qui.
ANCHE IL PISA – All’ingresso del piazzale la bandiera amaranto è a mezz’asta, legata da una benda nera. Un po’ di vento ne fa muovere solo alcuni lembi. La cancellata della tribuna centrale si trasforma presto nella testimonianza di un dolore forte. “Hai lottato fino alla morte, ciao grande Moro” , la firma della curva Nord sotto lo striscione più grande. Su un muro la scritta “25 a vita” , sull’altra “Ciao Moro, non ti dimenticheremo mai” . Hanno legato le sciarpe del Barcellona, del Celtic, della Fiorentina, del Napoli, del Modena, del Torino, la maglia del Cosenza e un drappo nerazzurro. Sì, proprio quello del Pisa, nemico storico del Livorno. Lì vicino hanno lasciato un cartello: “In questi momenti non esistono squadre, non esistono colori, solo un grandissimo dolore, ciao Moro, raggiungi la serenità“. Il disegno di un bambino racchiude il numero 25 in un cuore enorme, il biglietto di una mamma gli dice: “Ora vola in cielo e corri ad abbracciare tua madre”.
LA SALMA A LIVORNO- Si dovrebbe correre il “Vivicittà“, ma la maratona viene annullata. Intorno a mezzogiorno il piazzale è quasi pieno. Alla fine saranno in mille, forse più. Compreso il Sindaco di Livorno, Alessandro Cosimi: «E’ sconvolgente che tutto questo sia successo in un campo di calcio, sto vivendo anch’io un’ingiustizia profonda. Noi possiamo mettere a disposizione lo stadio per la camera ardente». Succederà domani, probabilmente, quando il Moro lascerà Pescara: prima di arrivare a Bergamo, il carro funebre si fermerà a Livorno, entrerà nello stadio e forse farà un giro del campo, l’ultimo giro. Non passerà da Tirrenia, dove viveva in un residence, il Berverly Park. «Era qui da poco, ma si vedeva che era un ragazzo educato e gentile. Sorrideva e salutava sempre», racconta alla reception la signora Giancarla. Questo pomeriggio la squadra si ritroverà proprio a Tirrenia, al centro Coni. E’ previsto un allenamento. Andare avanti in sua memoria, solo così, come dice Barone, potrà riprendere il cammino del Livorno.
LA SQUADRA – Verso le tre arriva la squadra. Ci sono tutti quelli che abitano in città o nei dintorni. La gente applaude, non sa cos’altro fare in momenti come questi. Applaude e piange. Barone, Knezevic e Mazzone si fermano davanti alla cancellata. C’è un grande silenzio. Cercano con gli occhi qualcosa che resti per sempre con loro, una maglia, una sciarpa, una scritta. Noi frughiamo fra i loro sentimenti e in quegli attimi di intrusione non si prova piacere. Sono gli ultras a rompere gli indugi. Mentre gli occhi di Barone diventano sempre più rossi, sale un coro forte, sempre più forte: “Sempre nei nostri cuori, oh Moro sempre nei nostri cuori” . Sarà il canto che domani, o al più tardi dopodomani, accompagnerà Piermario nel suo stadio. L’ultimo canto della sua gente. Il Livorno ritirerà la sua maglia e forse una curva o un altro settore dello stadio porterà il suo nome. Che sia chiaro che Piermario da Livorno non andrà mai via.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.