Mea culpa, mea culpa: e in quello sguardo malinconico, in quegli occhi che inseguono il vuoto che lo circonda, c’è il disagio di una precarietà che Fabio Liverani ha già colto e che esprime a modo suo, timbrando l’esonero ch’è nell’aria e che s’avverte, che si può intravedere persino nella espressione di chi ha intuito, che si può leggere in una frase. «Sarò sempre riconoscente verso la famiglia Preziosi». I titoli di coda stanno scivolando via, portando con sé un carico d’amarezza, la delusione per non avercela fatta, quella felicità del derby durata troppo poco, quasi niente, ed ormai spazzata via assieme alla panchina del Genoa ch’è già di Gianpiero Gasperini, l’idolo della «fossa» e il figliol prodigo che sta per tornare a Marassi. Il calcio è impietoso, entusiasmante o crudele, una giostra infernale che somiglia a montagne rossoblù capaci d’esaltare per quella scorpacciata con la Samp e poi di deprimere con l’insostenibile leggerezza dell’essere se stessi, di andare a sfidare chiunque e almeno di provarci: 3-5-2, poi 4-3-3, poi una sorta di disperazione tattica, mischiando le carte per evitare che saltasse il banco e con esso pure la panca. « Ci siamo fatti due gol, regalandoli al Napoli: loro sono già forti, noi li abbiamo semplicemente aiutati con qualche nostro errore. Però la colpa è mia, che sono il responsabile tecnico. E dunque…».
Arrivederci e grazie, succede sempre così quando le cose vanno male: e Genoa 0, Napoli 2 è una radiografia inquietante per Preziosi, che prima di andarsene a letto ha voluto avviare il negoziato per cambiare, per trovare una soluzione e andare sul sicuro, telefonando a Gasperini, provando a cogliere le sensazioni di chi sa tutto di un ambiente che gli è familiare e che tornerà ad essere suo, forse suo e di Capozucca indicato come successore di Delli Carri, un altro accomodato su un braciere.
Fonte: Il Corriere dello Sport
La Redazione
M.V.
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