La vacanza di Marcello Lippi non terminerà a fine estate. È rientrato dalla Cina, dopo aver vinto tutto e ceduto la panchina del Guanghzou all’allievo Fabio Cannavaro, e tornerebbe a bordocampo soltanto in un caso. «Se trovassi una nazionale che mi attira, spiega l’ex ct a Il Mattino, un progetto che mi piace. Mai più un club. Altrimenti resto in vacanza», spiega l’ex commissario tecnico mondiale che oggi sarà ad Amalfi per intervenire alla convention «Football Leader», accompagnato da Sergio Russo, ex dirigente del Napoli. Cosa pensa della bufera nella Fifa, dalle inchieste dell’Fbi sull’assegnazione dei Mondiali in Sudafrica alle dimissioni del presidente Blatter? Uno dei suoi campioni, Gattuso, ha ancora attaccato il colonnello Sepp perché non consegnò la Coppa all’Italia a Berlino. «È passato tanto tempo… E poi Blatter venne a Coverciano per dare simbolicamente la Coppa. In questi mesi si parla tanto di riforme politiche, ecco ne servirebbe una anche nel calcio. Da fare seriamente». La Fifa ha bisogno di dirigenti che conoscano il sistema: se le proponessero un incarico lo accetterebbe? «Sinceramente, non ci ho mai pensato. Se me lo offrissero, valuterei». Tornerà tra due giorni a Berlino per la finale Champions Barcellona-Juventus? «No, la vedrò in tv: Berlino resta un ricordo, il più bello di tutti, con quella finale del 9 luglio 2006 vinta contro la Francia e quella festa che diede gioia al Paese. Si dice che il Barcellona sia il club più forte al mondo, quindi favorito nella finale. Ma non ha mai incontrato una squadra con una difesa compatta come quella della Juventus, che potrà anche sfruttare la velocità e la qualità di centrocampisti e attaccanti. Nel gruppo di Allegri in questi mesi sono cresciute autostima e convinzione: può giocarsi carte importanti nella sfida di sabato». Se vince la Juve, si rivaluta il calcio italiano. «Certo. Sarebbe un successo prestigioso per il nostro settore oltre che per una squadra che a livello nazionale ha un dominio incontrastato, come confermano i quattro scudetti vinti di fila: sembra che non ci sia un club che possa impensierire la Juve, almeno al momento, in Italia. È giusto sottolineare che a Berlino c’è la formazione che schiera il maggior numero di italiani». Invece, il Napoli di Benitez, fermatosi al quinto posto, ha giocato con tanti, troppi, stranieri. Perché gli azzurri hanno finito così male la stagione? «Non è questione di inizio o fine: tutta l’annata è andata in un certo modo perché non c’è stata la forza di porre rimedio a certi difetti evidenziati dai numeri. Il Napoli ha segnato quasi gli stessi gol della Juve (70 contro 72) ma ne ha incassati 30 in più (54 come 24). Ha subito tanto. Non tocca a me esprimere un giudizio, è certo che sarebbe stato il caso di adottare contromisure». C’è delusione a Napoli, città dalla quale lei ha spiccato il volo, andando alla Juve nel 1994, dopo aver portato gli azzurri in Europa. «Delusione comprensibile, tuttavia il Napoli è tornato ad essere una realtà del calcio italiano, uno dei tre-quattro club più forti». Benitez, intanto, è andato al Real Madrid: com’è stato il suo lavoro in Italia? «Non devo commentare io, tuttavia credo che avrebbe potuto fare qualcosa in più in Italia. Noto che gode di buona considerazione a livello internazionale: dopo due anni non esaltanti va ad allenare una squadra come il Real Madrid».
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