Marcello Lippi, allenatore e CT vincitore del Mondiale con la Nazionale italiana nel 2006, ha parlato ai taccuini del quotidiano “Il Mattino” del tecnico del Napoli, Gennaro Gattuso: «È l’uomo e l’allenatore perfetto per far ripartire il Napoli, ha la stessa passionalità della città. Ed è giusto che nel futuro si ricominci da Gattuso».
Lippi, questa Coppa Italia può regalare il sorriso in una stagione così particolare?
«Intanto ha regalato un bel sorriso l’altra sera, perché il modo con cui il Napoli ha vinto in casa dell’Inter dimostra la qualità che ha questa squadra. Ma sono certo, conoscendo Rino, che non riesce a godersi a fondo questo successo».
Perché mai?
«Starà impazzendo a cercare una soluzione a tutti questi alti e bassi: questa alternanza di rendimento a pochi giorni di distanza non è di facile risposta. Passare da una prestazione come quella con il Lecce a quella con l’Inter di Conte, da una prova di sofferenza a una piena di personalità nel giro di tre giorni, lo starà agitando e non poco».
E lei che idea se ne è fatta?
«Premetto che da lontano non si sa mai realmente come vanno le cose. Io penso che abbiano molto influito in questi due mesi le tante assenze con cui ha dovuto fare i conti Gattuso e anche il fatto che certi problemi che magari c’erano prima di lui non potevano essere superati molto rapidamente. Però devo dire che con la Lazio, la Juventus e l’Inter ho visto un gran Napoli. Ma quegli scivoloni, lo conosco bene, lo stanno tormentando. E non poco».
Di Gattuso lei ha sempre detto bene.
«Perché è straordinario ma non è solo un bravo ragazzo. A me non piace quando delle sue squadre si dice che hanno la sua grinta, la sua rabbia e basta. È riduttivo. Primo perché a questi livelli non basta. E poi perché le sue sono squadre molto organizzate, tatticamente lui studia tanto e cerca sempre il gioco. Come anche l’altra sera in Coppa. Sa coinvolgere e motivare le persone che gli stanno vicino, qualsiasi cosa dica o faccia. Rino è un fuoriclasse assoluto nel coinvolgere emotivamente chi lavora con lui».
Non a caso è stato uno dei leader di quella nostra splendida Nazionale.
«Vero, lui e tanti altri. Un gruppo stupendo. E ricordo ancora quando mi prese per il collo dopo che avevo annunciato di voler andare via. E anche le sue parole: Forse non ti è chiaro, ma ti ammazzo se te ne vai. Unico».
Dopo 10 anni, a Napoli si vive un momento un po’ di depressione.
«Un ciclo che finisce non deve far abbattere. Succede e quello che conta è avere le idee chiare su come aprirne uno nuovo. E le operazioni di mercato fatte a gennaio danno la sensazione che a Napoli si pensi ancora in grande, con un progetto che penso possa dare tante soddisfazioni. Poi, capita un’annata così, dopo che per anni sei stato sempre tra le migliori, a ridosso del primo posto, con il grande rimpianto di aver visto la Juventus arrivare sempre davanti».
Questo Napoli bello nelle coppe trova il Barcellona in Champions: è il peggio che potesse capitare a questo Napoli?
«Certo, il Barcellona è una delle favorite alla vittoria di questa manifestazione, ma la qualità del Napoli non è di poco conto. Se gli azzurri ripetono le stesse prestazioni che ho visto con il Liverpool, quando ancora c’era Carlo, oltre che con la Juve e l’Inter, nulla può essere impossibile. Nonostante certi alti e bassi, io ho l’impressione che il peggio per Gattuso sia alle spalle. E quindi bisogna guardare con ottimismo alle due gare con il Barcellona, dove tutto può succedere».
Le sue altre favorite per la vittoria in Champions chi sono?
«Il Real Madrid, il Bayern Monaco, il Manchester City e il Liverpool sono le tradizionali candidate. E assieme a loro c’è la Juventus. Ora si arriva nella fase delicata, dove la differenza la fa la condizione, gli infortuni e un poco di fortuna. Lo scorso anno i bianconeri arrivarono alla sfida con l’Ajax con tanti giocatori indisponibili. E quelle assenze hanno avuto un peso enorme sul destino in Champions».
La lotta a tre per lo scudetto dà una mano alla nostra serie A?
«Mica solo loro. Secondo me il grande aiuto alla crescita del nostro calcio la stanno dando Atalanta, Cagliari, Parma, Verona, Sassuolo e altre squadre che hanno un’idea di calcio ben precisa. Il gioco dell’Atalanta, per esempio, fa invidia a tante big d’Europa. Mi piace l’idea che ognuno porti avanti il proprio progetto in maniera diversa dagli altri: chi fa crescere i giovani nel proprio settore giovanile, chi li va a pescare altrove e così via. È un buon momento per noi. Si capisce che c’è stata una programmazione».
Mancini non può che esserne contento: abbiamo una Nazionale che cerca sempre di imporsi. Vede paralleli con la sua?
«Più di uno. Ma quello che conta è anche qui come si arriva alla fase finale: nazionali come la nostra, la Germania, l’Olanda, la Spagna e l’Inghilterra per tradizioni quando arrivano a una fase finale di un Europeo o di un Mondiale non possono non correre per vincere. E per vincere serve che i migliori siano in buone condizioni, che il gruppo sia unito e che ci sia una grande autostima. Per questo, per me, le due amichevoli di marzo con Germania e Inghilterra, hanno un peso enorme per l’Italia e per capire dove possiamo arrivare».
Ancelotti lascia l’Italia e torna a essere un re in Premier. La sorprende?
«Lui ha provato a fare a Napoli quello che ha sempre fatto dappertutto: Carlo è sempre stato un protagonista, ha dato sempre un’impronta non solo tecnica e tattica alle proprie squadre ma anche psicologica. Con il Napoli, in quei mesi, è successo di tutto e non mi pare solo in campo. Ora è all’Everton e non mi pare una sorpresa che stia già facendo così bene».
In queste ore il presidente della Federcalcio Gravina invita gli arbitri ad andare di più al Var.
«Credo che sia questa la strada giusta. Il Var è uno strumento che deve aiutare e bisogna aiutare il Var ad aiutare. E questo significa prenderlo in considerazione nel corso della partita. Per esempio, in Napoli-Lecce come in altre gare non è successo ed è stato un peccato. E se dovessero essere le squadre a chiamarlo non ci vedo nulla di male, sono convinto che non limiterebbe né condizionerebbe l’operato dell’arbitro».
Verrà a Napoli a trovare Rino?
«Al momento non è in programma. Ma al San Paolo tornerei molto volentieri, anche se mi colpiscono quei vuoti sugli spalti quando vedo le immagini in tv delle partite. Io quando ero l’allenatore del Napoli ero abituato a 60mila spettatori allo stadio».
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