«Il maestro ha detto una partita alla volta. E io sono con lui. Sempre. La mia speranza è che possa restare al Napoli, dare continuità al suo progetto. Trovare qui le soddisfazioni che merita».
Col San Paolo pieno sarebbe tutto più facile. I tifosi scarseggiano. E’ da un po’ che mancano i cinquantamila. Mica è disaffezione?
«Macché. Nessuno ama la propria squadra come i napoletani. Bisogna solo capire il momento. Un calo di presenze ci sta. I risultati non arrivavano, si gioca ogni tre giorni, ci sono le tv e la città è quello che è: la crisi si fa sentire. La passione è però indiscutibile. Fidatevi di me».
Ok! Anche nei giudizi, ovviamente: livello di Koulibaly?
«Alto. E non solo per i centimetri. L’ho detto da subito, dal primo momento: ha capacità sopra la media. Ha fisicità, è veloce e ha i piedi buoni. Ma deve crescere e lavorare».
Difetti?
«Quelli dei difensori di oggi. L’attenzione, la marcatura stretta, la presenza sull’avversario. Certe palle, soprattutto quelle alte, il centravanti non deve vederle. Mai. Il difensore deve sentire l’uomo e contemporaneamente attaccare la palla. Concentrazione e cattiveria agonistica. Ma pure sistema difensivo. Dietro devono aiutarsi. Noi avevamo Renica sempre libero di andare sulla palla. Noi in marcatura fissa, lui a zona. Anzi, sul pallone».
Koulibaly nuovo Bruscolotti?
«Ci sta. Il primo Bruscolotti, però. Quello giovane. Lui ha certamente i piedi migliori dei miei. Ma io ero più tosto».
E’ tornato anche Albiol.
«La squadra ora è più corta ed equilibrata, e lui fa valere l’esperienza. Non è velocissimo, e se gli spazi sono lunghi e larghi è ovvio che soffra».
Tre partite senza prendere gol: un record per il Napoli di Benitez.
«E’ un segnale da cogliere. Di squadra, però. Nel calcio moderno è sempre giusto parlare di fase difensiva, mai di difesa e basta. Ora sono più compatti. C’è meno distanza tra i reparti. I centrocampisti proteggono e c’è sacrificio degli esterni. Sono felice pure per Rafael. E’ giovane, ha prospettive importanti e può crescere. Ma qualche incertezza l’ha avuta. Purtroppo ha sentito il peso dell’eredità di Reina. Lo spagnolo era un fenomeno: ne ho visti pochi di portieri così. Leggeva tutto e prima degli altri. Manca a questo Napoli».
Pure Insigne mancherà.
«E’ stata una stretta all’anima. Mi dispiace per il ragazzo. Era nel suo momento migliore. Aveva ritrovato serenità e sicurezza. Il talento non è mai stato in discussione, e da un mese si stava esaltando come mai. Sarà un’assenza dura. Pesante.
Pure se un aspetto positivo voglio comunque trovarlo…»
Prego.
«E’ un intoppo che lo farà crescere caratterialmente. Lo fortificherà. Gli farà capire tante cose. Insomma, è una mazzata che fa male ma non malissimo. Ne uscirà meglio come uomo e quindi anche come giocatore. Il dolore rende più forti».
Ecco, l’aggettivo giusto per Higuain: forte.
«No, il Pipita è fortissimo! E’ un piacere vederlo. E’ il calcio. E lo capisco pure quando si arrabbia. Lui gioca a volte un altro calcio. Per qualità e intuizioni è il top. Si propone, si fa vedere, vuole la palla. E quando non gli arriva, impreca. Non ne sono passati tanti di qua come lui».
Chi ricorda?
«Il giochino dei paragoni non mi ha mai entusiasmato. Però Higuain è un po’ Careca e un po’ Giordano. Ha i piedi di classe come Bruno. Il suo passaggio d’esterno, la delicatezza del tocco, la sensibilità nell’accarezzare il pallone. E poi fa gol e sa buttare gli altri dentro. Di Antonio invece ha la progressione. Quando parte non lo prendi. Ha tecnica e potenza. Lo zig zag di Firenze ricordava alcuni di Careca. Pipita è tra i grandissimi».
Quindi, riepilogando: un maestro in panchina, la difesa blindata da tre gare, il centrocampo in crescita e Higuain. Napoli da scudetto?
«Una partita alla volta…».
Non si scompone. E’ di ferro. Bruscolotti palo ‘e fierro.
Fonte: Il Corriere dello Sport