Amarezza, rabbia, incredulità. L’urlo irritato del Napoli, il mutismo (rabbioso) della squadra costretta dagli eventi al silenzio mentre la stagione e la classifica (-10 punti di distanza dalla Juventus, dal terzo al quinto posto in graduatoria) diventano più complicate.
Un conto pesante, quello che devono pagare Cannavaro e Grava: 6 mesi di squalifica per l’omessa denuncia. Un conto pesantissimo, quello che si abbatte, ampiamente annunciato ma non per questo meno doloroso, sul Napoli: 2 punti di penalizzazione per l’illecito (tentato) di Gianello condannato a 3 anni e 3 mesi.
Per il Napoli, tramortito dalla sentenza, parla un comunicato del club, a firma di Aurelio De Laurentiis e con citazione finale per Roberto Benigni. Una nota di poche righe che insiste su tre concetti – «giustizia sportiva obsoleta e superata», «irrimediabile alterazione del campionato in corso», e infine fiducia «nei due gradi successivi di giustizia» – che da soli esprimono l’umore di una società che non è abituata a sentirsi dare lezioni di etica. «Il Napoli non condivide le decisioni della Commissione Disciplinare Nazionale: non si possono alterare irrimediabilmente i campionati in corso di svolgimento. Ogni eventuale decisione va presa prima che inizi un torneo o al termine dello stesso. Dalla stagione 2009/2010, di tempo ce n’è stato per valutare e decidere. Siamo fiduciosi che nei due gradi successivi di giudizio si possa applicare una vera giustizia che si fondi sul diritto e sull’equità e non sul giustizialismo». Con una citazione finale: «Benigni docet», in riferimento al monologo dell’altra sera sull’equità della giustizia che evidentemente ha colpito il patron azzurro.
Ricorrerà in tutte le sedi possibili il Napoli ferito e sanguinante, mentre il team di avvocati del club azzurro, guidato da Mattia Grassani, sottolinea «i danni patrimoniali, d’immagine e anche tecnico-sportivi che derivano dalla sentenza», annunciando anche un’azione di risarcimento dei danni al termine dell’iter processuale nei confronti di Gianello.
Venticinque le pagine di motivazioni pubblicate online ieri poco dopo le 9,30 del mattino sul sito della Figc. E se il calcio italiano è poco credibile, la giustizia sportiva da ieri lo è ancora meno. Più che una sentenza questo è un colossale groviglio di interpretazioni. Non c’è compromesso tra ciò che ha invocato il pm del pallone, Stefano Palazzi (la sua linea è stata in pratica bocciata) e la decisione della Disciplinare presieduta dall’avvocato Artico. Una forbice enorme tra la richiesta di 1 punto di penalizzazione per il Napoli (Palazzi aveva considerato come secondario il ruolo di Gianello) e la condanna a 2 punti di handicap; la richiesta di 9 mesi per Cannavaro e Grava e lo stop di 6 mesi. Non è poco. È la dimostrazione che questo processo si è mosso nella nebbia, con poche prove e nel totale marasma.
In primo grado il Napoli paga la scelta di non aver voluto adottato la scorciatoia del patteggiamento. Perché paga? Semplice quanto inquietante. Perché si è sempre fatto così. E lo dicono i giudici nelle motivazioni. «Questa Commissione in tutti gli analoghi e recenti procedimenti nel caso di responsabilità oggettiva per illecito sportivo commesso da calciatori tesserati sia partita da una sanzione base di due punti di penalizzazione: tra tutti i precedenti del Torino e della Sampdoria che stanno scontando una penalizzazione di 1 punto maturata in sede di applicazione del patteggiamento». E ancora: «In questo modo si garantisce la par condicio». Parole che spalancano le porta al successo del ricorso del Napoli già in sede di Corte di giustizia federale (a fine gennaio). Poi c’è il Tnas. Nel frattempo, il Napoli non rischia l’Europa League: l’Uefa decide per l’esclusione solo in caso di coinvolgimenti diretti dei club. E non è il caso del Napoli.
Fonte: Il Mattino
La Redazione
P.S.
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