Si è tenuto questa sera, presso la sala convegni dell’Hotel dei Gigli in Nola, un interessante incontro tra Giuseppe Delle Donne, ex allenatore ed agente del gruppo Canovi (importante scuderia di procuratori tra le cui fila di assistiti possiamo annoverare tra gli altri i nomi di Thiago Motta e Granqvist), il collega di Canale 21 Umberto Chiariello e, per l’appunto, dei giovani calciatori assistiti di Delle Donne e tesserati per la S.S.C. Napoli. Il tema della serata, oltre agli opportuni e quantomai in azzeccati auguri di Natale, è stato l’ a volte sottostimato valore del settore giovanile nel calcio di primissimo ordine.
L’agente ha così introdotto l’argomento: “La scelta di mettere in agenda il nostro incontro in una data così ravvicinata al Natale non è casuale: il Natale è, per antonomasia, la festa che più unisce, che più ci avvicina a familiari e persone care. Il calcio, e più nello specifico il rapporto agente/calciatore deve avere questa valenza: un giovane atleta, pieno di sogni e speranze, nonché di indubbie qualità calcistiche, deve sentirsi a casa, in famiglia, per dare il suo meglio.” Chiaro l’intento di non tralasciare il discorso educativo in ragazzi così giovani e, troppo spesso, facilmente trasportabili con i piedi lontano dal suolo- “Il mondo del calcio è un mondo difficile, dove, per prima cosa bisogna imparare ad essere grandi atleti, a saper scegliere un lifestyle adeguato, ad avere una predisposizione positiva a dare il massimo in allenamento come in partita.”
E’ palesemente dello stesso avviso anche Chiariello (e come biasimarlo, d’altronde), decano dei giornalisti sportivi campani: “Davanti a me vedo tanti ragazzi pieni di speranze e, per quanto possa augurare loro il meglio, non credo che tutti riusciranno a diventare grandi calciatori. Per diventare un calciatore da Serie A, bisogna saper avere una mentalità da Serie A: discoteche, vita sregolata ed altre leggerezze tipiche di un adolescente, sono il nemico numero uno di chi vuole sfondare in questo Mondo, a meno che non si tratti dei rarissimi Cassano o Balotelli di turno. Il calcio è sacrificio, essere calciatori vuol dire, in primis, essere atleti. Dal fallimento sudafricano, cui prese parte a mio parere la Nazionale italiana più debole della Storia degli Azzurri, l’Italia del pallone ha ben pensato di ripartire proprio dai giovani che, “grazie” anche alla crisi economica e alla conseguente carestia di Campioni stranieri nel nostro calcio, possono avere da oggi ai prossimi 5/6 anni una grande occasione per trovare i loro spazi. Dieci anni fa, per un classe ’85 sarebbe stato più difficile riuscire ad arrivare a certi livelli rispetto ad un ’95 di oggi. I vari El Shaarawy, Insigne, De Luca, Florenzi e Gabbiadini devono essere da sprono per tutti i giovani: l’Italia è, da sempre, per cultura popolare, un ottimo fortino di grandi calciatori, basti pensare al Milan di Sacchi dove, eccezion fatta per gli olandesi delle meraviglie, lo zoccolo duro della squadra era composto, in larghissima parte, da giocatori del vivaio. Oggi le cose sono un pò in controtendenza, tutti i grandi campionati pullulano di stranieri ma l’esempio-Barça deve convincerci che è quella del vivaio la strada giusta da intraprendere. I blaugrana sono una delle squadre più forti della Storia e, molto spesso, riescono a schierarsi con un undici composto interamente da calciatori cresciuti nella Cantera.” Come in ogni frangente della vita, insomma, voci imminenti certificano che anche nel Pallone caparbietà, spirito di sacrificio e lungimiranza possono spesso fare la differenza. Il difficile sta nel riuscire ad applicare su larga scala quanto di buono la coscienza umana e sportiva riesce a decretare “giusto”.
Dal nostro inviato Mirko Panico
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