Stamani è un altro giorno: perché è svanito quel filo di malinconia, e le resistenze – le residue – sul modulo, sul sistema, sul 4-2-3-1 sono state strappate via d’incanto. Stamani è un altro Napoli e lo è davvero, da sabato pomeriggio in poi, da quell’ora e mezza di straordinaria bellezza che ha squarciato un orizzonte nuovo, non inedito, perché è lì che sognano d’approdare quei sei milioni di tifosi sparsi nel mondo, è laddove li aveva trascinati (a Dimaro) De Laurentiis («siamo da scudetto) o anche in quella favola riscritta appena qualche settimana fa da Callejon e da Hamsik: «Può succedere qualsiasi cosa, anche rientrare nella lotta per lo scudetto: la stagione è appena cominciata». E mica poteva finire in quel modo, con l’incubo del San Mamés, con l’amarezza d’aver dilapidato due rigori, con i rimpianti di aver sprecato nella Milano nerazzurra, dopo essere stato due volte in vantaggio: serviva uno strappo netto con il passato, qualcosa che restasse a futura memoria, che lasciasse il segno non solo in classifica ma nella coscienza collettiva d’una città da riconquistare.
FATTO. Missione compiuta: perché in quel Napoli-Roma si nasconde una dimensione onirica che Marek Hamsik, sul proprio sito, ha raccontato con sobria onestà («ma potevamo fare anche più gol»), giornalisticamente l’ammissione netta d’aver dominato una delle candidate allo scudetto, l’ex capolista che sa giocare al calcio, eccome, e che però non ha potuto mai farlo, sopraffatta com’è stata in ogni angolo del San Paolo. Certo che crederci adesso è inevitabile e l’ha capito subito Rafa Benitez, che al novantunesimo ha preparato la fase «difensiva» del Napoli: «Ora dobbiamo gestire l’entusiasmo di questa tifoseria meravigliosa che insegue lo scudetto». La verità, tutta la verità, è racchiusa in quella manifestazione di splendore che alimenta la fantasia ed inchioda a restare aggrappati alla speranza che qualcosa sia cambiato ed altro possa ancora succedere: perché in quel 2-0, maturato in quella maniera, c’è l’espressione ed il profilo di un Napoli capace di catturare persino i sospiri del San Paolo.
«SIAMO GRANDI». Ma certo che c’è uno scorcio di campionato dal quale non si prescinde e qualcosa resta (anche arimeticamente) del Chievo, del Palermo, dell’Udinese, dell’Atalanta, degli errori: però poi è arrivata la Roma, una star di questo campionato, ed è andata come nessuno avrebbe mai sospettato, mica solo per l’entità del risultato, perché è stata un’espressione di calcio vivo, autenticamente bello, la sublime interpretazione d’una filosofia che ora finisce ai margini delle riflessioni d’una città stordita e racchiusa nelle riflessioni di Hamsik: «Abbiamo fatto una grande prestazione, se avessimo sfruttato tutte le palle-gol, avremmo potuto vincere in maniera più larga. Peccato per la traversa, la palla m’è rimbalzata proprio addosso; ma il periodo negativo è alle spalle, siamo felici perché stiamo giocando bene».
RUDI, TI STIMO. Ma quando la partita finisce e la corsa ricomincia, c’è uno spaccato eticamente esemplare che serve per ricostruire al di là del risultato, dei traguardi, delle nevrosi da ambizioni ed è sintetizzato nel pensierino che Rafa Benitez rivolge al valore (extracalcistico) di Napoli-Roma: «Ora, con la tranquillità che lo consente, mi piacerebbe dire che possiamo dedicare il nostro omaggio alla memoria di Ciro Esposito. Una sfida al vertice tra due squadre storiche del calcio italiano, incontrare di nuovo Rudi Garcia per il quale nutro stima e con il quale è stato un piacere abbracciarsi prima della gara e fargli l’in bocca al lupo dopo, la sportività di tutti: era quello che ci auspicavamo…Siamo riusciti a realizzare ciò che ci eravamo autoimposti, onorare Ciro Esposito e il calcio attraverso i sani valori sportivi». Crederci che possa esserci un mondo (del calcio) migliore. Credere in se stessi.
Fonte: Corriere dello Sport
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