Nicola Liguori è l’allenatore degli Allievi del Napoli ed è uno che ha un tratto somatico particolare, quello della sincerità. Perché glielo leggi negli occhi se sta dicendo una bugia. Oppure, se non ha voglia di aprirsi. «Però se mi chiedi di parlare di valori, di fede, allora mi lasci poche opportunità di indossare la corazza da tecnico». Parliamone. «Non è facile spiegare cosa significhi per un credente legare i tuoi valori al calcio. Nella vita di chi ha una fede autentica esistono delle basi che vuoi trasmettere: per me lo sport è una gioia autentica, che arriva dall’alto, una scelta di vita che voglio condividere con i più giovani. La veridicità del messaggio sportivo, la sua eticità, questo cerchiamo di far arrivare nei cuori e nelle menti dei ragazzi che lavorano con noi. Non è facile confrontarsi con i giovani. Già sai che le risposte che vorresti, sul piano umano prima ancora che sul piano sportivo, arriveranno dopo molto tempo, dopo che ti sei impegnato fino in fondo: e non è detto che ci riesci. Cancellare l’illecito dalla testa, cancellare il concetto che la vittoria passa dall’annientare l’avversario senza rispettarlo non è facile. Perché sono tutti bravi con le parole, senza capire che i danni che si fanno con pochi gesti sono terrificanti, soprattutto quando si ha a che fare con persone che non sono ancora diventati uomini. Due ore al giorno sono una goccia in un oceano: ma, quello che ho dentro è la forza per crederci sempre, con ogni ragazzo». Un respiro, un sospiro, un sorso al caffé e poi si volta pagina, perché il calcio è anche numeri. Quelli preferiti da Liguori hanno questa sequenza: 4-3-3. «Partiamo dal concetto di collettivo: è il fondamento della squadra, quello che deve esaltare la giocata del singolo. Amo il preziosismo, non lo tollero se è fine a se stesso, deve essere sempre funzionale al bene della squadra. Il 4-3-3, è vero, mi piace tantissimo. Per un motivo molto semplice: credo sia il modulo migliore per coprire il campo, in lunghezza ed in larghezza. Poi, bastano poche mosse per ottenere altre evoluzioni, passando al 3-4-3 o al 4-2-3-1 senza snaturare la natura della squadra, senza necessità, neppure, di forzare una sostituzione. Il 4-3-3 che ho sempre praticato si sviluppa in forma dinamica, che varia in modo situazionale a seconda del sistema di cui abbiamo bisogno in quel dato momento della gara. Questo mantenendo sempre la copertura del campo in maniera ottimale». Senti Liguori e ti sembra di percepire note catalane. «Il calcio che si gioca a Barcellona mi affascina tantissimo: in undici si attacca e si difende, in undici si porta palla e si pressa l’avversario, in undici si arriva a vincere
Fonte: Il Domani dello Sport – Napoli
La Redazione
S.D.
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