Imbattuto. Il Barcellona conquista la Liga per la 25ª volta nella sua storia e lo fa con 4 turni d’anticipo, ma soprattutto con uno zero ancora brillante alla voce “sconfitte”, segno di un dominio assoluto nel torneo. Il 4-2 sul campo del derelitto Deportivo, pur autore di una prova orgogliosa, è il sigillo: il Riazor applaude la passerella finale di Iniesta, dopo che i giocatori galiziani avevano riservato a Messi e compagni il “pasillo” d’onore all’ingresso in campo.
L’ULTIMO TASSELLO — L’atto finale al Riazor è stato più complicato del previsto per i dominatori del campionato, che sembravano aver chiuso la pratica in fretta, grazie al destro vellutato di Coutinho al 7′ e al primo acuto di Messi mezz’ora più tardi, su servizio “scucchiaiato” di Suarez. Il Depor, però, ha scelto di retrocedere con dignità. E Seedorf ha potuto applaudire la rimonta dei suoi, con Lucas Perez a segno prima dell’intervallo e col pari di Emre Colak al minuto 64. Un pareggio avrebbe cambiato di poco la sostanza, ma Messi, in lotta anche per la Scarpa d’oro, ha avuto idee diverse: stupenda l’azione del 3-2 in tandem con Suarez (tre assist nella serata galiziana), comodo il rasoterra del definitivo 4-2.
SENZA RIVALI — E’ stata una cavalcata solitaria, quella del Barcellona in questa Liga. Un po’ a sorpresa, perché in pochi avrebbero pensato che Valverde, battezzato in blaugrana dalla scoppola in Supercopa col Real Madrid, sarebbe uscito dai blocchi in campionato con 7 vittorie nelle prime 7 gare. E quando s’è capito – in fretta, per la verità – che i blancos non sarebbero stati da corsa in Spagna, per i catalani è diventato tutto più semplice. Il 3-0 al Bernabeu nel Clasico d’andata ha reso di fatto inutile quello di ritorno, in programma il 6 maggio. E’ toccato così all’Atletico il ruolo dell’antagonista, ma Simeone, nel doppio confronto col Barça, ha raccolto soltanto un punto. Insomma, non c’è mai stata storia. E c’è stato il tempo di salutare degnamente Andres Iniesta, che partirà per la Cina con due trofei freschi freschi sotto braccio. Niente Champions, quella no: “colpa” della Roma. Ed è bene ricordarsene, quando si parla di Di Francesco e si valuta l’annata giallorossa.
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