Il ritorno è una galleria d’emozioni, una processione di amici e di vecchi tifosi. Stephan Lichtsteiner è orgoglioso della Juve, dipinge di bianconero i sogni di una vita, però nella capitale ha lasciato un pezzo di cuore, ricordi intensi che a Torino non sbiadiscono. La chiacchierata è una macchina del tempo: i tre anni a Formello e la nuova realtà di Vinovo, il futuro che immagina e tace per prudenza, Reja e Conte, Hernanes e Pirlo…
Stephan Lichtsteiner, si aspettava una partenza così bruciante?
«Nessuna meraviglia, ho scelto la Juve per vincere: sapevo di andare in una squadra abituata a lottare per Champions League e scudetto».
All’Olimpico avete superato un esame durissimo, eppure Reja ha avuto da ridire…
«A fine partita mi ha detto che siamo stati fortunati: ho risposto che non era vero. Penso che la Juve abbia meritato di vincere più dell’anno scorso, quando io stavo dall’altra parte. Abbiamo avuto diverse occasioni per chiudere, compresa quella capitata a me, poi c’è stato un buon momento della Lazio: abbiamo sofferto, ma non rubato il risultato».
Vuol soffermarsi sulla palla gol sciupata in ribattuta?
«Ho visto Marchetti a terra e ho cercato l’esterno, ma ho esagerato. Un giocatore della Juve (sorride) non può sbagliare gol così, è una vergogna: meno male che abbiamo vinto lo stesso».
Sia sincero: avrebbe esultato?
«Sì, perché adesso sto alla Juve e sarebbe stato giusto festeggiare con i miei compagni. Meno del solito, però, per rispetto ai tifosi laziali: sono rimasto molto legato».
Una rete l’ha segnata e passerà alla storia: la prima ufficiale nel nuovo stadio…
«Sì, è stata importante. Ma la mia soddisfazione è essere decisivo, punto agli assist più che ai gol».
L’impatto con Conte?
«E’ stato un bravo calciatore ed è un allenatore bravissimo, vuole un calcio aggressivo in fase difensiva e offensiva».
La cosa che più l’ha colpita?
«L’equilibrio tra l’intransigenza nel lavoro, dove pretende tanto, e la capacità di dialogare con tranquillità e trasmetterci fiducia».
Cosa le piace più della Juve?
«Che cerchi il gioco sempre e comunque. Che vada a San Siro o all’Olimpico per fare la partita».
Roma le manca?
«E’ naturale, anche se a Torino sto benissimo: ho vissuto tre anni splendidi, l’unico dispiacere è aver vinto un solo derby».
Chissà quante battute dovrà sopportare da Vucinic…
«Replico ricordandogli che ho vinto più trofei: conta quello…».
La Lazio ha sancito la sua consacrazione…
«Mi ha aiutato a crescere. Devo molto a Delio Rossi che mi ha completato come difensore. Lo stimo molto: quando è andato alla Fiorentina ho pensato “meno male che una volta l’abbiamo già affrontata».
A differenza di altri calciatori, lei si è lasciato bene con il presidente Claudio Lotito…
«Lui è stato corretto con me e io con lui: mai avuto problemi. Eppoi mi ha lasciato andare alla Juventus, comprendendo che dopo tre stagioni in cui ho dato il massimo si era presentata un’occasione importante. Per me (sorride ancora) e anche per lui: mi ha pagato meno di un milione e ne ha guadagnato dieci, non è male».
Immaginava, dopo il suo addio, la Lazio ai vertici?
«Sì, perché ha fatto un ottimo mercato, innestando in particolare attaccanti di grande valore. Eppoi c’è Reja che ritengo un ottimo tecnico».
Qualche giorno fa l’allenatore biancoceleste ha ironizzato sulla qualità dei suoi cross, molto migliorata da quando ha cambiato maglia…
«Spesso, alla Lazio, partivo da lontano e arrivavo stanco sul fondo. Qui è diverso, gli attaccanti fanno movimenti che aiutano. Inoltre, l’unico forte di testa era Floccari: con Klose sarebbe stato tutto diverso».
Nonostante i buoni risultati, qualche mese fa Reja ha meditato di lasciare….
«In quei giorni ci siamo scambiati degli sms, gli ho detto di non mollare. Non trovavo giusto che fosse in discussione dopo una salvezza e una Champions League mancata per un gol. Quando ha vinto il derby ero contentissimo».
Chi sente più spesso tra i vecchi compagni?
«Stendardo e Biava, scambio qualche messaggino con Brocchi».
E a Torino con chi ha legato di più?
«Con Manninger, che parla la mia lingua. Ma ho buoni rapporti con tutti: la nostra forza è il gruppo».
Davvero Pepe è così scherzoso?
«Sì, ma come vedete scherza anche… con gli avversari in partita».
La prima differenza che le balza in mente tra Lazio e Juve?
«Quella bianconera è una società tra le più importanti al mondo, perciò giocare bene e salire in vetta è normale. Se la Lazio è prima, invece, è una sorpresa. Personalmente, nella nuova realtà non sento pressioni, anzi avverto una carica enorme».
Approdando alla Juve ha realizzato un sogno. I prossimi?
«Vincere scudetto e Champions League».
Sogni astratti, da calciatore: da juventino, al pari di Conte e dei suoi compagni, non si sbilancia..
«Siamo coscienti di essere una grande squadra e le vittorie sono nel dna della Juve. Però sappiamo tutti com’è il calcio: perdi una o due partite e cambia tutto».
Chi teme fra le concorrenti?
«Tante squadre: Lazio, Napoli, Milan… E anche l’Inter che è lontana però ha campioni che possono costruire la rimonta».
Non giocare in Europa è un vantaggio?
«Accumuli meno stanchezza e hai più tempo per smaltire gli acciacchi. Però non è automatico vincere il campionato se non partecipi alle coppe».
Con il Napoli giocherete domani…
«Grande squadra, specialmente in casa, però confidiamo in un’altra grande prestazione».
Sfiderà Inler, suo connazionale e compagno mancato nella Juve….
«Mah, se ne dicono tante di mercato: in questi anni sono stato abbinato a tante squadre e non c’era mai nulla di concreto».
Anche Ziegler è rimasto pochissimo in bianconero…
«Non rientrava nei piani e non ha avuto problemi a cambiare: è un ottimo calciatore e aveva molte offerte. E’ primo anche lui, sono tutti contenti».
Torniamo al Napoli: quale azzurro teme di più?
«Tutti, purtroppo. Mi piace l’intera squadra e la sua impostazione tattica. Il tridente è tanta roba».
Non avrete Marchisio…
«Sarà un problema, perché è in forma splendida. Ma stanno bene anche i compagni in lizza per sostituirlo:siamo tranquilli…».
Che ci dice di Pirlo?
«Vi racconto un aneddoto: durante la preparazione, mi ha detto di passargli pure il pallone in mezzo a tre avversari, io non volevo per non metterlo in difficoltà ma poi ho visto come sa liberarsi e non mi sono più preoccupato».
Del Piero?
«Del Piero è Del Piero: attraversa un momento difficile, però è tranquillo e ci aiuta sempre. E’ il nostro capitano, il capo del gruppo».
La Nazionale svizzera è una squadra giovane: chi consiglia in serie A?
«Per adesso nessuno: ci sono tanti ragazzi in gamba, però nessuno pronto. Shaqiri? Buon talento, però chiedono troppo: la valutazione di Hernanes, quando è arrivato alla Lazio, era inferiore».
La Redazione
A.S.
Fonte: Corriere dello Sport
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