Eccoci qua: e la prima lezione va in onda in campo, la seconda nel chiuso d’una stanza che sa di aula universitaria. La Napoli di David Lopez è in pochi metri quadrati, un tavolo, un computer, un taccuino, una lavagna: «questi siamo noi» . E poi sono frecce, movimenti, spazi da occupare e da andare ad assaltare, verticali, coperture, diagonali. E’ una seduta che dura un po’, comincia al termine della conferenza stampa e poi prosegue: parla Benitez e David Lopez ascolta il calcio visto da Rafa, le sue manie, la sua intepretazione, i desideri. Lo schema visto da un santone è racchiuso (ma soltanto per ora) in quella full immersion che serve per osservare il Napoli dalla pancia, per andare a scovare quelli che sembrano misteri e poi dovranno diventare aspetti familiari, una sintesi da tenere a memoria e poi da ripetere in campo.
L’ALBA. Il contatto è recente, venti giorni fa, sul finire del mercato, quando Benitez telefona a Lopez e gli presenta la candidatura al ruolo di centrocampista: uno dei quattro, insomma (e poi diventeranno sei, perché intanto sono rimasti Gargano e Radosevic). Gerarchie labili, come dimostra il passato: nulla di deciso, gioca chi sta meglio, ma al Napoli serve la fisicità di chi va a rompere e sa costruire, di chi afferra le seconde palle e domina sui rinvii difensivi e del portiere, di chi sa fare da schermo sui corner, sugli spioventi laterali, di chi si sistema sui corner o sulle punizioni. Va eretto un bunker, in certe fasi delle gare: ma fisicamente, non filosoficamente; perché poi il Napoli resta con la sua vocazione verticale, tende a correre molto in avanti ed assai poco all’indietro e dunque ha bisogno di guardiani, altrimenti rischia l’inferiorità numerica e sofferenze (come in passato) da evitare.
LA FAVOLA. Uno come Lopez, che all’Espanyol sta bene ma che al Napoli sta benissimo, perché quello è un sogno e ci vuole niente a dire sì. Infatti, eccolo là, che s’aggira a Castel Volturno, prima un paio di giorni con Fabio Pecchia, poi rientra Benitez e si chiudono nell’ufficietto che custodisce i segreti tattici: si comincia così, per fare in fretta, perché non c’è tempo da perdere, mai. Andò peggio a Koulibaly, onestamente, che incrociò il tecnico a tavola e si ritrovò a pranzo ad osservare i bicchieri che si spostavano: tu come difendi quando loro attaccano in questo modo?
LA DOPPIA. Lopez invece s’infarina nella seduta mattutina, coglie le nozioni che deve registrare attraverso l’allenamento pratico, è uomo contro uomo, poi partitina, tutto ciò che serve per calarsi nel Napoli. Il resto a dopo, quando le chiacchiere lasciano il posto ai fatti ed il medianone, reduce dal faccia a faccia con i giornalisti, va stavolta sotto la lente d’ingrandimento di Benitez: che ha un monitor, un archivio e idee che galleggiano in quel rettangolo in cui si può anche allestire una partita virtuale, diciamo così. E comunque la prima fase è stata avviata e la seconda passa per oggi e la terza poi sarà domani: è 4-2-3-1, lo stile-Benitez, da conservare, custodire e poi mettere in pratica.
Fonte: Corriere dello sport
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