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L’ex Montervino: “Napoli mi ha dato emozioni uniche”

Il vento del Sud gli sof­fia alle spalle. Promette di spingerlo ancora lontano. Spira forte da sempre, a volte l’ha fatto pure in sen­so contrario, però senza mai smuoverlo né scalfirlo. Per­ché Francesco Montervino è uno ch’è riuscito ad uscire indenne pure dalle bufere, aggrappandosi al suo ca­risma, tenendosi stretto al proprio orgoglio. Benvenuti al Sud, e nel pic­colo mondo di questo ta­rantino prossimo ai 34 anni, una vita da mediano a re­cuperar palloni ed un’altra parallela, vissuta fuori dal calcio, con lo stesso carat­tere sicuro, a volte guasco­ne, emotivo e generoso per vocazione. “E’ che io c’ho un difetto: ci metto sempre la faccia. E proprio quando gli altri si sfilano, a me vien voglia di stare in prima li­nea”, dice mentre gira il caffè di Giovanni, impiega­to dell’hotel Mediterranea cui ha chiesto un espresso “fatto col cuore”. E’ leader anche lì, Francesco, nell’al­bergo diventato quartier ge­nerale del Salerno Calcio di cui ha scelto d’esser perno della rifondazione. Pur es­sendoci arrivato, nella nuo­va società di Claudio Lotito e MarcoMezzaroma, prati­camente per caso. “Avevo il Pergocrema di Fabio Brini, mister al quale sono lega­tissimo, che mi metteva alle strette. Stavo per liberare la mia casa salernitana, mi fissarono un appuntamen­to «con un nuovo calciato­re», mi dissero dall’agenzia immobiliare, che avrebbe voluto vedere il mio appar­tamento. No, non era un giocatore, era il direttore Danilo Pagni. L’abitazione gli piacque, la mia voglia di rimettermi in gioco pure: fu così che tornai a Salerno, per aprire un ciclo”. Già, perché con questa città Montervino ha un conto aperto che vuol saldare: “E’ l’unica piazza in cui ho subìto retroces­sione, contestazione, falli­mento. C’ho una voglia di riscatto in corpo che non si può descrivere”.Benvenuti al Sud, ed in particolare nella Campania dove Francesco ha messo radici profonde. Dici Mon­tervino e pensi al Napo­li, quello della rinascita, del primo ciak di Aurelio De Laurentiis sul grande schermo del calcio, e d’una escalationricominciata dal San Paolo, un pomeriggio di settembre d’otto anni fa, 3-3 con il Cittadella. “Dopo quattro stagioni eravamo a Lisbona a giocarci i 16esi­mi di Coppa Uefa con il Benfica. E’ un percorso che porto nel cuore. Un’avven­tura bellissima”. Come il rapporto che il capitano az­zurro di quel tempo aveva con il re del cinema italiano: “Si confidava tantissimo, mi chiedeva consigli, aveva una fiducia illimitata in me. Tra di noi c’era un rapporto speciale. Lo stesso che sto avendo quest’anno con Lo­tito e Mezzaroma. Sì, per­ché qui ora è come nel pri­mo Napoli di Laurentiis”. Suggestioni ed analogie. Montervino le sussurra sot­tovoce. Sarà che nel suo es­ser meridionalista convinto c’è quel po’ di scaramanzia che non guasta mai. Però per lui davvero “le due storie sono simili”. Di più: “Uguali”. “E pensi – conti­nua – che all’esordio in C il Napoli non riuscì a vincere. Mentre a Salerno, se Dio vuole, tra qualche mese po­tremmo ritrovarci in terza serie a parlare d’un cam­pionato «a vincere» per tor­nare subito in B. Sono pro­spettive straordinarie…”. E si blocca. Aspettando che quest’auspicio si fac­cia certezza: “Attendiamo, la riforma è necessaria, in Lega Pro si vive una situa­zione insostenibile, occorre cambiare. Però adesso pen­siamo a vincere la D. Tocca scappar via subito”. Il ritor­no tra i dilettanti, 15 anni dopo la prima volta, in fon­do è stata una ‘botta’ mica male: “Porto Torres, Budo­ni, Sora… Eppure sono stati sacrifici necessari. Vedrete, li ricorderemo sorridendo quando la Salernitana sarà nel calcio che conta”. Ops, (ri)scappa la parola «Salernitana». “Questa so­cietà riporterà tutto: nome, simboli, storia, e soprattut­to un futuro degno della piazza, della sua gente. Da­tegli tempo. Il tifoso grana­ta è coerente, ha un grande senso d’appartenenza, ma ora deve saper resistere a quest’assenza, ch’è solo momentanea. Il calcio, proprio quello, era l’unica cosa che non funzionava in questa città ch’è diventata un modello a livello nazio­nale per tutte le altre cose. La proprietà attuale colme­rà pure questa lacuna. E ci sarà di che divertirsi”.E lo dice uno che in granata ha vissuto i peggiori anni: “E’ una ferita aperta. La gestione Lombardi mi ha rovinato la vita. Ho perso soldi, subito minacce, offe­se, umiliazioni. E poi quella parentesi Cala, che mi die­de il colpo di grazia… Però non ho mollato. Perché è proprio in quei momenti che mi veniva ancor più vo­glia d’essere uomo, di met­terci la faccia”. Montervino e Salerno, storia d’odio ed amore, mai d’indifferenza: “E’ difficile sbagliare un passaggio e sentirsi urlare «vattenn’, we’ naputian’». Pensavo che il fatto che l’ex capitano del Napoli giocasse nella Sa­lernitana sarebbe stato un motivo d’orgoglio. Ed invece…”. Ed invece il vento del Sud, e d’un campanilismo mai sopito, ha ri­schiato di travolge­re Francesco: “L’altro giorno il presidente De Laurentiis ha det­to una cosa stupen­da, immaginando un’amicizia vera tra le due città più belle ed importanti della Campania. Ci spe­ro anch’io. E’ gente che si somiglia, che sa dare tanto. Per­ché farsi una guer­ra che non serve a nessuno? Capisco le rivalità, sono il sale del calcio. Ma io ho amato Napoli per­ché ha saputo re­galarmi emozioni uniche, lì quando torno sono ancora «il capitano». Ed oggi sono fiero di giocare a Salerno, di sputar il sangue per questa maglia, d’esser l’anello di congiunzione tra un passato soffer­to ed un presen­te ambizioso, d’una rinascita che promette grandi cose. E poi qui sto bene, la mia famiglia vor­rebbe viverci per sempre”. E’ il desiderio di Elisa, la signora Montervino, madre di Ginevra e Greta. Le sue donne. “Si sono innamorate di Salerno. Non escludo di comprar casa”.Intanto ha investito nel­la ristorazione, mettendo su una società di catering. “Sì, comincio a guardare oltre, però la mia vita è sempre nel calcio. Mi dicono che potrei essere un buon dirigente, eppure mi ci vedo più da allenatore. Ma ora perché d e v o p e n ­s a r e a cosa f a r e d a grande? H o a n c o r a fiato per corre­r e in campo”. E per corona­r e qualche al­tro sogno: “Voglio gio­care ancora una partita in serie A. Fosse una soltan­to. Poi giuro che smetto”. Facendo due con­ti… “Salerno in A potrebbe arrivarci in tre anni. D’ac­cordo, forse esagero, visto che domenica si gioca con­tro il Boville, ma pensate ad una riforma della Lega Pro, e ad una prossima terza se­rie da protagonisti. L’Are­chi ha bisogno soltanto d’u­na spinta. Poi la strada si fa tutta in discesa. E col vento a favore”. Già, quel vento del Sud…

Fonte: resport.it

La Redazione

P.S.

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