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L’ex – Montervino: “Juventus-Napoli sfida psicologica”

Francesco Montervino, ex calciatore e capitano del Napoli, ha rilasciato un’intervista a Il Roma.

Domenica 27 agosto 2006: una data che di primo acchito dice poco. Ripensando oggi, con il Napoli ad un passo dallo Scudetto e tra le prime otto squadre d’Europa, possiamo dire che in quel giorno si sia piazzato uno dei primi mattoncini del castello costruito da Aurelio De Laurentiis. In quella data, infatti, ci fu la prima vittoria post fallimento, sotto la gestione dell’imprenditore cinematografico, contro la Juventus. Un tre a tre allo Stadio San Paolo conclusosi con la lotteria dei calci di rigore. Se domenica il Napoli affronterà la trasferta di Torino, in casa della Vecchia Signora, stando sereno su un piedistallo di sedici punti lo deve anche a partite come quella, ed a uomini che hanno accettato quelle sfide. Uno di questi in campo allora, per tutti i centoventi minuti, era l’ex capitano Francesco Ciccio Montervino: “Era la prima partita del nuovo Napoli che si affacciava ad un palcoscenico importante, il primo campionato di Serie B della nuova era che avrebbe visto le due squadre promosse. Può definirsi un primo mattoncino dal quale è nata, e si è costruita, un certo tipo di mentalità”.

 

Mentalità che è stata oggetto di recriminazione per la piazza, ma in cui gli azzurri, in questa stagione, hanno saputo offrire risposte importanti?
“I nuovi innesti, la giovane età, comportano sempre delle innovazioni importanti, anche in termini di mentalità. Passo dopo passo la squadra ha sempre continuato il suo percorso di crescita, sino a fermarsi, quest’anno, al traguardo storico dei quarti di finale della Champions League. Paradossalmente, ancora si imputa agli azzurri l’impreparazione a determinati palcoscenici, a differenza di un Milan che può vantare una certa tradizione internazionale. Ciò, tuttavia, aiuta a comprendere che negli anni il duro lavoro può essere garanzia di crescita. Il passo successivo, per questo Napoli, sarà dunque quello di accrescere e costruire la propria mentalità europea”.

 

Cinque anni or sono, difatti, il Napoli perdeva uno Scudetto pur raggiungendo la soglia dei novantuno punti. In molti dubitavano della possibilità di replicare una stagione simile, eppure oggi la squadra sembra in procinto di raggiungere il Tricolore.
“Assolutamente sì. È emblematico della crescita costante del club negli ultimi anni, che ha portato la squadra a conquistare uno Scudetto con una riconosciuta supremazia. È fondamentale, ora, continuare su questa strada e rimanere competitivi. Ciò non è subordinato al successo, ma significa poter essere nelle condizioni di contendere il Tricolore con costanza, riuscendo a qualificarsi in Champions ogni stagione e poter così rinvigorire la mentalità europea della squadra”.

 

Lei è stato un capitano di lungo corso, quali sono le caratteristiche giuste per indossare la fascia del Napoli, e nella città di Napoli?
“Credo che, a prescindere dall’essere capitano, è bello essere leader. Il leader è colui che guida la squadra, che trascina il gruppo e che fa dell’abnegazione e del sacrificio una virtù. Lavoro e disponibilità totale sono peculiarità di cui una guida non può fare a meno. Quando sei leader, puoi fare il capitano, e queste sono qualità che mi sono sempre state riconosciute. Inoltre, essere capitano nella città di Napoli ha un sapore completamente diverso rispetto a quel che può avere in altri contesti. Sono onorato ed orgoglioso di averne fatto parte”.

 

Dunque, essere d’esempio è il presupposto principale per poter indossare la fascia. Sotto questo punto di vista, Di Lorenzo è il capitano ideale per questo Napoli?
“Per quanto attiene prettamente la leadership tecnica, il lavoro ed il sacrificio questo ragazzo sta dimostrando di avere pochi eguali. Non ci si può esimere dal porgergli i complimenti. In futuro, a Giovanni Di Lorenzo si chiede di crescere ancor più dal punto di vista della personalità e del carisma. Vanta già qualità importanti in tal senso, ma può ancora migliorare”.

 

Quanto crede abbia inciso il silenzio del tifo organizzato nella stagione del Napoli, e soprattutto nelle gare europee?
“E’ una vicenda che ha chiaramente avuto un peso. Tuttavia, ciò che mi preme sottolineare, con grande onestà, è l’intelligenza mostrata dai gruppi e dalla dirigenza nel trovare un punto d’incontro, un accordo che potesse realizzare una simbiosi tra società e tifoseria. Alla fine, il bene vince sempre”.

 

Domenica peseranno maggiormente le assenze o il fardello dell’eliminazione dalla Champions?
“Credo che le ripercussioni della gara di martedì possano avere una influenza maggiore. La partita dello Stadium sarà una sfida soprattutto psicologica. Non serviranno gambe, ma solo tanta intelligenza. In tal senso, ritengo che gli azzurri partano svantaggiato, proprio a causa di quanto accaduto in settimana. La Juventus, invece, potrà giovare anche di quelle che saranno evoluzioni favorevoli nelle sentenze che vedono il club coinvolto. Gli uomini di Allegri, dunque, si avvicinano al match con un evidente favore psicologico, in un match che è fondamentale per entrambe le squadre”.

 

Nella sua attuale carriera da direttore ha potuto trarre ispirazione da qualche dirigente della storia recente del club azzurro? 
“Non è la prima volta che lo dico, con Pierpaolo Marino c’è stato un rapporto di odio e amore. Ciononostante, non nascondo che il direttore ha saputo insegnarmi molto. Tante cose che oggi faccio, tante metodologie che uso sono il frutto dell’esempio che in Marino ho saputo seguire. Possiamo dire sia stato un tutor che mi ha accompagnato nell’inizio di questa nuova carriera. Ci sono stati tanti dirigenti da cui è stato utile prendere esempio, ma Pierpaolo Marino è stato colui che mi ha lasciato di più”.

 

In relazione a quello che è stato il suo peso specifico nel club, nella squadra e per la tifoseria, c’è un giocatore, nel Napoli odierno, che possa raccogliere l’eredità di ‘Ciccio’ Montervino?
“Ci sono, e ci sono stati, tanti giocatori che, tatticamente e tecnicamente, possono dirsi superiori a me. In quanto a leadership, a quella che potremmo definire ‘cazzimma’, non ne vedo tantissimi. Va considerato, tuttavia, come il calcio di oggi abbia determinato un cambiamento importante. Il calcio del passato era più semplice. La leadership che oggi viene richiesta non è soltanto di tipo caratteriale, ma anche tecnica. Inoltre, non vedo calciatori che possano replicare l’amore che nutrivo per questa città, o il sentimento che la città stessa nutriva nei miei confronti”.

 

Crede che De Laurentiis sia in grado di aprire un ciclo con questo Napoli?
“A modo suo il patron l’ha sempre fatto. Credo che questa sia l’occasione giusta per aprire un ciclo vincente”.

 

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