Una volta si chiamava tornante. O anche ala di raccordo. Nel Napoli scudettato dell’era Maradona questo ruolo veniva svolto da Gigi Caffarelli. Oggi l’ex azzurro è responsabile scouting del settore giovanile del Napoli e sarà relatore nei prossimi giorni in una conferenza presso il centro tecnico federale di Coverciano. «Come tornante ero in perenne concorrenza con Carnevale» ricorda Caffarelli. Un po’ come oggi fanno Insigne e Mertens con Benitez: va in campo chi assicura maggior copertura.
«Il mio Napoli attuava quello che oggi si chiamerebbe 4-3-3. Avendo già come riferimenti offensivi Maradona e Giordano che non rientravano, occorreva che il terzo attaccante facesse l’adeguata copertura. Quasi sempre toccava a me»
Carnevale litigava con Bianchi che però puntualmente gli preferiva Caffarelli. Perché?
«Essendo io un giocatore di corsa, garantivo miglior equilibrio tra centrocampo e attacco. Di solito funzionava così: toccavano a me le sfide contro avversari forti, tipo Juve, Milan o Inter, Andrea invece andava in campo quando bisognava privilegiare la fase offensiva, soprattutto in casa»
La domanda è sempre la stessa: un attaccante che deve difendere, non viene snaturato nelle sue caratteristiche?
«In parte si ma è il calcio moderno che oggi te lo chiede. Mourinho è stato uno dei primi a saper trasformare gli attaccanti in difensori. Poi dipende dalle caratteristiche di ciascun singolo»
Nel caso di Insigne?
«Lorenzo ha intrapreso un percorso nuovo. Io ero un attaccante che faceva grande affidamento sulla forza e sulla resistenza, possedevo nel dna il sacrificio a difendere. Lui è un giocatore di palleggio e sta rivedendo il modo di stare in campo secondo le direttive di Benitez. Con un maestro come lo spagnolo non può che migliorare»
Questo sacrificio tattico può aver influito sul suo rendimento?
«Non lo so, per me Lorenzo resta un grande giocatore con ottime prospettive di futuro. Deve crescere, è chiaro, ma nessuno mette in dubbio il suo valore. Credo che gli manchi solo una maggiore tranquillità interiore per esprimersi in maniera più costante»
Un consiglio da chi vent’anni fa ha vissuto la stessa esperienza?
«Rimboccarsi le mani che e lavorare sempre. Anche io venni contestato ma alla fine i napoletani sanno sempre apprezzare chi lascia il campo con la maglia sudata».
Fonte: Il Mattino
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