Marsiglia è sempre stata un «petit caillou» (un sasso nella scarpa) per l’intera Francia. E, persino quest’anno che è capitale della cultura, non è riuscita a smarcarsi dall’ombra violenta che la attraversa. Per ogni cargo che arriva c’è un possibile noir da scrivere, un complicato intreccio di mafie traffici, droga e potere. Sembra Napoli ma chi lo dice non c’è stato. Le due città si toccano ma sono molto diverse. Quello che davvero le unisce è la capacità di mangiare i propri figli, di sprecare le occasioni e di regolare le lotte col sangue. E così «Duri a Marsiglia» si potrebbe giocare una partita di calcio noir, niente a che vedere con la nazionale scrittori, piuttosto una squadra mista che potremmo chiamare «Deportivo la Menzogna» fatta di pagine, omicidi e inseguimenti, prima che sulle fasce nelle strade o per mare con i motoscafi del contrabbando.
Pagine di romanzi per un libro introduzione alla partita: Napoli e Marsiglia, che non è solo calcio. Non una partita noir quanto una “mischiata” di personaggi, palazzi, delitti e mare. A cominciare dalla squadra francese che si porta dietro non solo una storia e un presidente, Bernard Tapie, personaggio a tinte fosche, ma anche un omicidio non risolto che è sempre una storia da scrivere che reclama un finale se non di giustizia almeno di risposta. A settembre è stato ucciso il figlio di José Anigo direttore sportivo del Marsiglia, non sappiamo se per un ricatto calcistico che Richard Deruda nome importante della criminalità focese che voleva suo figlio calciatore o per il passato di Adrien. Ci vorrebbe Jean Claude Izzo padre del noir Mediterraneo che ha tatuato il suo nome sulle strade di Marsiglia, ogni volta che qualcuno spara lui compare, perché i suoi libri ormai sono Bibbia: da qualunque parte cominci finisci sempre lì.
E se Marsiglia aveva un regista come Izzo («Casino totale», «Chourmo. Il cuore di Marsiglia» e «Solea»), Napoli dalla sua ha avuto Attilio Veraldi («La mazzetta», con Sasà Iovine indimenticabile come un gol da centrocampo), un vero fuoriclasse, «Uomo di conseguenza» con eleganza fuori e dentro la pagina. Marsiglia ha un modulo di scrittori aggressivi (ancora sconosciuti in Italia) come Serge Scotto («Comme un chien», «Massacre à l’espadrille»), Gilles Del Pappas («Le Baiser du congre», «La Mue de la cigale»), Annie Barrière («Une ville belle comme moi», «Tueuse») e Maurice Gouiran («La Nuit des bras cassés», «La mort du scorpion») tanto da formare un diamante duro a Marsiglia per citare Giancarlo Fusco; Napoli può schierare il gioco meravigliosamente sporco di Michele Serio («Pizzeria Inferno», vero cult), le complicate giocate di Angelo Petrella («La città perfetta», «Le api randage»), la semplicità d’azione di Maurizio De Giovanni («Vipera», «Il metodo del Coccodrillo») con una ala destra fortissima: Francesco Palmieri («Il libro napoletano dei morti», «La Camorrista») che ha reso finalmente onore a Ferdinando Russo il più noir dei poeti.
In mezzo, tra le due città, non necessariamente a centrocampo, anzi, in porta ci sta Philippe Carrese («Trois jours d’engatse») che ha origini napoletane e una vocazione a mettere in inferiorità numerica il suo interlocutore occupandosi di cinema e fumetti oltre che di romanzi. Succede con Marsiglia e Napoli: che ti aggrediscono. Izzo scriveva: «Marsiglia non è una città per turisti. Non c’è niente da vedere. La sua bellezza non si fotografa. Si condivide. Qui, bisogna schierarsi. Appassionarsi. Essere per, essere contro. Essere, violentemente. Solo allora, ciò che c’è da vedere si lascia vedere. E allora è troppo tardi, si è già in pieno dramma. Un dramma atipico dove l’eroe è la morte. A Marsiglia, anche per perdere bisogna sapersi battere», ditelo ad Hamsik, Higuain e compagni. Benitez, invece, lo sa già, lui è un detective di Montalban.
Fonte: Il Mattino
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