Di giorno, un professionista educato e garbato, quando gioca il Napoli, un acceso ultrà. È questa l’immagine che hanno di Piero Palladino, i condomini di viale Cappuccini, Imola, dove vive dal 2006. Cinquant’anni, trasferitosi in provincia di Bologna perché, dice, «a Napoli non vivevo, ma sopravvivevo», convive da 27 anni con Grazia. Due figli: Giancarlo, 21 anni e Paolo, 19. È con loro che si trasforma in ultrà: Grazia viene relegata in un’altra stanza perché, racconta Piero, «parla troppo, a sproposito, fa troppe domande e non si fa». Un tramezzo troppo sottile lo separa da uno juventino, due piani più su un milanista che non esulta da un po’. Per lui il Napoli è senso di appartenenza, «tuosseco», «arraggio», ma anche «una speranza, sempre». Tutto è pronto: Paolo stende un materassino Ikea sul pavimento e si corica praticamente nel televisore, Giancarlo è a destra del divano, il volume è scaramanticamente sul 39. Il primo tempo scorre lento, come la ripresa, anche le imprecazioni sono lente. Persino il Pipita scivola sulla noia. Il volume sale a 45. E poi, quando tutto sembra perso, arrivano Higuain e l’“allucco” napoletano.
Fonte: Il Mattino.
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