Con il senno di prima, chi mai l’avrebbe detto nel giugno del 2005, alla fine dello spareggio del Partenio di Avellino, con gli occhi di De Laurentiis, Marino e Reja cerchiati dal sonno, che nel 2008 sarebbe arrivata la «prima» Europa? E adesso, con il senno di poi, persino con quella, alzi la mano chi avrebbe sperato a ottobre del 2009, con l’avvento di Mazzarri e di Bigon, e però con il terrore della retrocessione, che sarebbe stata Europa League, Champions e ancora Europa League e senza preliminari, grazie alla Coppa Italia? Il calcio visto dalla tribune ha un solo imperativo: vincere, vincere, vincere sempre. E’ l’elisir di lunghissima vita per chiunque o, semplicemente, un balsamo rassicurante per le folli impazienti. I fatti separati dalle opinioni raccontano di una escalation che nell’ultimo quinquennio trasforma la dimensione del Napoli da nazionale in continentale, con una qualificazione in Intertoto immediata (ed eliminazione dal Benfica dai giorni della vecchia, cara Coppa Uefa), due passaggi in Europa League e soprattutto le notti della Champions. Quattro volte su cinque, fanno una media da star del calcio italiano e rappresentano la certificazione di una crescita costante, consolidata, avvenuta seguendo però un percorso alternativo alla moda ricorrente – da sempre – e che bandisce i colpi ad effetto e s’affida alla ricerca sistematica del calciatore utile per integrarsi nel puzzle.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
