Il Napoli chiude al passivo i confronti con le prime quattro squadre del campionato. Due sconfitte col Milan, due con l’Udinese, battuto a San Siro dall’Inter, una sconfitta e una vittoria con la Lazio. Il sogno-scudetto, nato in un momento di pura esaltazione, dopo il rocambolesco 4-3 sulla Lazio e la vittoria di forza a Bologna, si è infranto su questo dato semplice: le battute di arresto contro le migliori del torneo. E’ possibile che Mazzarri, bravissimo nel preparare le partite e fantastico nell’avere creato un Napoli irriducibile, non abbia anche il dono di correggere in corsa la squadra, cioè intervenire da bordo campo mentre la partita prende un corso non previsto, oppure la superiorità dell’avversario è tale da consigliare contromisure adeguate. E’ evidente che il “vincere a tutti i costi” ha bisogno di “ripensamenti” se le vicende della gara non sono favorevoli.
E’ vero che la traversa di Maggio e il rigore fallito da Cavani hanno “bloccato” l’ennesima rimonta azzurra, ma la superiorità tattica e la qualità di gioco dell’Udinese sono apparse evidenti da consigliare rimedi di emergenza. Chiuso il primo tempo sullo 0-0 (con due occasioni per parte, Denis al 4’ e Lavezzi al 40’, sventate dai portieri) che cosa avrebbe potuto fare Mazzarri nella ripresa contro un’Udinese che dominava a centrocampo non mostrando di patire le assenze di Sanchez e Di Natale per finalizzare le azioni?
Col senno di poi, si potrebbe dire che Mazzarri avrebbe dovuto fortificare la zona dove l’Udinese giocava a suo piacimento. Cioè inserire un centrocampista in più (Gargano) al posto di un Lavezzi in difficoltà. Non c’è naturalmente controprova, ma questa “mossa” può considerarsi logica.
La partita è stata sbloccata da una “invenzione” di Inler, quel tiro di collo pieno dai venticinque metri imparabile per De Sanctis, comunque la gara era in mano ai friulani che con cinque centrocampisti di difesa e di attacco tenevano in scacco il Napoli. Mazzarri ha voluto fare le solite mosse (più attaccanti per recuperare), anziché riequilibrare la formazione a centrocampo dove Pazienza e Yebda sono andati in sofferenza dopo un buon inizio. Bisognava, dunque, “contrastare” la superiorità numerica (ma anche di qualità) dell’Udinese nella zona dove nasce il gioco.
Si diceva una volta che bisogna “difendere” il minimo svantaggio per non beccare il raddoppio e tentare di pareggiare le sorti di rapina. Il Napoli ha un’altra mentalità. E’ tutto cuore e assalto, giovane e ardente, generoso e imprudente. E così ha incassato il raddoppio di Denis. La squadra era sbilanciata in avanti e, a centrocampo, Pazienza e Yebda non avevano più energie (l’Udinese sprecava più di un contropiede). Sotto le avanzate dell’avversario (con più uomini) rientravano profondamente Cavani e Hamsik che, di conseguenza, perdevano lucidità nella fase offensiva.
E’ possibile che la qualità dei centrocampisti udinesi sia superiore a quella degli azzurri (è stata superiore al “San Paolo”) e la partita avrebbe avuto ugualmente un corso favorevole alla formazione di Guidolin. Quando si dice che Inler ha vinto il duello con Hamsik, non si vuole dire che l’ha vinto nello scontro diretto fra i due giocatori, ma l’ha vinto per personalità, qualità, movimento, determinazione, continuità. In mezzo al campo, Inler è stato un leader.
La difesa del secondo posto (Inter a -2, Lazio a -5, Udinese a -6) è un impegno d’orgoglio “a memoria” della splendida stagione azzurra. Solo quattro volte il Napoli si è piazzato secondo. Due con Maradona negli anni Ottanta, una con Sivori e Altafini e Pesaola in panchina nel 1968, una con la squadra furente di Vinicio nel 1975
La Redazione
A.S.
Fonte: Il Napolista
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