Le assoluzioni di Bari incoraggiano Cannavaro e Grava

Gianluca ai familiari: «Siamo innocenti e dobbiamo difenderci»

Cannavaro e Grava attenderanno il verdetto a Castelvolturno. Allenandosi al mattino e continuando a farlo nel pomeriggio. Come sempre, senza sosta. Come succede dal 18 dicembre, da quel martedì dopo Napoli-Bologna, quando la Disciplinare li ha fermati, entrambi, per sei mesi. Non hanno nessuna voglia di recarsi a Roma, non è contemplato della consuetudini di un processo d’appello che sembra vivere di riti. E loro ne faranno volentieri a meno. «Saranno le contraddizioni di Gianello a salvare Paolo e Gianluca. E tutto il Napoli», dice con certezza Ruggero Malagnini, il titolare dello studio legale che assiste i due difensori azzurri. Non ci sarà neppure il papà di Paolo, Pasquale, l’uomo che più di tutti ha gridato la rabbia della sua famiglia per una sentenza, quella di primo grado che «ha infangato il cognome di un Pallone d’oro e che hanno tolto il sorriso a mio figlio. Una condanna che è una infamia. Paolo non lo riconosco più».
Durante le vacanze di Natale ci ha pensato Fabio a tirare su il morale del fratellino, il capitano del Napoli. Lui, il campione del mondo che la notte di Berlino ha dormito con la coppa nel letto, e che a causa di un’altra sentenza si è visto togliere due scudetti dal palmares di trionfi (i campionati revocati alla Juventus per Calciopoli) ha difeso Paolo: «La squalifica è stata un’ingiustizia, hanno colpito una mosca bianca nel mondo del calcio».
Cannavaro e Grava continuano a stare zitti e a parlare sottovoce solo con gli amici. A loro, solo a loro, spiegano la loro indignazione, la rabbia e la mortificazione per un sistema che non capiscono: «Ma come? Tocca a noi portare la prova della nostra innocenza? Non sarebbe logico che chi ci accusa debba essere in grado di dimostrare quello che dice?», hanno spiegato a più riprese.
Al San Paolo ci sono andati sempre. In curva, da tifosi. Domani assisteranno da lontano a un processo costruito sulla credibilità del loro ex compagno che li tira in ballo. Malagnini ripete: «Riuscirò a farli assolvere. Non c’entrano nulla in questa vicenda». Il legale spiega che c’è una credibilità a intermittenza, che si accende e si spegne a seconda delle circostanze. L’avvocato di Cannavaro è fiducioso e si affida, senza mezze misure al precedente di Salvatore Masiello, prosciolto dalle accuse (con Bonucci, Pepe, Belmonte e Parisi) di Andrea Masiello che lo tirava in ballo per il presunto tarocco di Udinese-Bari.
«Anche lì c’era un pentito, Andrea Masiello, che diceva di aver contattato alcuni giocatori e di aver ricevuto dei no nell’organizzazione di un over. La Disciplinare ha assolto tutti, accogliendo la mia tesi, spiegando che quando le dichiarazioni di chi accusa non appaiono credibili, non essendo univoche e certe, se succede che vengano puntualmente smentite da tutti i diretti interessati e non hanno trovato alcun riscontro oggettivo, chi viene tirato in ballo non può essere condannato», spiega ancora Malagnini. Pochi dubbi, aggiunge il legale che il precedente possa essere applicato a Cannavaro e Grava. «E non ditemi che la testimonianza del poliziotto possa contare come riscontro esterno: ha ripetuto quello che ha raccontato Gianello». Parole per cui l’ex terzo portiere è stato querelato per calunnia e diffamazione.

Fonte: Il Mattino

La Redazione

P.S.

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