«Galeotta» fu la cena (ma non a lume di candela) a bordo di una nave: «A me Allegri piace e non da adesso… Però mi tengo stretto Mazzarri». Nel mistero fitto, si infiltrano messaggi diretti e subliminali, pensieri sparsi e deduzioni inevitabili: e intorno a quella panchina, per ora avvolta nella nebbia, la figura di Massimiliano Allegri resta solidamente impiantata intorno ad una stima emersa nel tempo e certificata da quella frase lanciata lì mica per caso da un uomo che sa sempre quello che dice. Il valzer è cominciato da un bel po’ e tra un sì un no e quel ni che regna sovrano, le idee hanno diritto di vita: Allegri ha le phisique du role, un suo stile accattivante, i risultati emersi nel triennio milanista con una squadra di senatori e con giovani da educare alle tensioni di un grande club. Ma del domani non vi è certezza, non può esservene, e l’intrigo è destinato a durare un’altra decina di giorni e gli interrogativi domineranno sovrani: il conte Max è la tentazione di Aurelio De Laurentiis, la figura autorevole che ha avuto modo d’imporsi in una società di spessore, il conoscitore del calcio italiano ma anche l’assiduo frequentatore della Champions.
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