MILANO – Give me five: e in quella manita (una manona?) c’è la sintesi d’un lavoro profondo nelle gambe, nella testa, negli schemi. Dammi il cinque: e ora, avanti tutta, c’è un Napoli che s’è tolto immediatamente la polvere dalle spalle, ha rimosso qualsiasi (altrui) pregiudizio sulla opportunità di modificare la difesa a tre, è riuscita a dimenticare in fretta Cavani ed ha scoperto di avere un’anima da guerriero, però anche da nobilissima capolista. Il futuro è un’incognita e però il presente è un’iniziezione di coraggio e di fiducia, la dimostrazione di una qualità evidente e il premio ad una preparazione ampia, non solo atletica e non solo tattica, ma pure psicologica.
IL VIA – Si parte è qualcosa s’intravede, perché il 3-0 al Bologna spazza via le possibioli perplessità che accompagnano un debutto ed una rivoluzione a tutto campo: la conferma è Hamsik, con una doppietta, la sorpresa è Callejon, che ci mette lo zampino, che segna e colpisce un palo, che ispira ripartenze letali (e non le sfrutta) e intanto aspetta Higuain.
LA CONFERMA – La seconda tappa è in quella che una volta si chiamava la fatal Verona: lo è stato di recente, e ripetutamente, ma sul 2-2 rocambolesco e inaspettato del primo tempo, emerge il carattere di ferro di un Napoli che non s’accontenta mai, che attacca a tutto organico, che ritrova di nuovo Hamsik (un’altra doppietta), che rivede un Callejon straripante persino sotto porta e che può persino contare su Higuain, che enastetizza il dolore per la ferita di Capri con quel gol utile per mostrarsi nella sua versione migliore.
LO STRAPPO – Il pericolo delle Nazionali è da azzerare e il Napoli di Benitez sa bene come fare: aspetta l’Atalanta aggredendola, soffrendo e poi spazzandola via, sempre con il suo nuovo trascinatore, ormai divenuto Higuain, ancora con Callejon ch’è nella sua fase più prolifica ed anche più ispirata. Tre partite e nove punti, due gare interne senza subire reti, la palpabile dimostrazione d’una solidità appena appena messa in discussione a Verona e poi tranciata di netto concedendo molto poco.
L’AUTOREVOLEZZA – La svolta internazionale è auspicata ma va verificata, perché il Borussia Dortmund offre calcio spettacolare, ha uno spessore rilevantissimo e un’esperienza superiore: il risultato toglie persino qualcosa al Napoli, che prim’ancora dell’autorete di Zuniga (nel finale), va ben al di là delle due reti, esibisce una personalità indiscutibile ma anche insospettabile ch’emerge attraverso la produzione di palle-gol e la naturalezza con la quale palleggio. E’ 4-2-3-1, è un altro calcio – nel sistema attuato – ed è un nuovo meccanismo: è una crescita imperiosa e pure immediata che rappresenta l’energizzante.
SCHERZO DEL DIAVOLO – Ma gli esami non finiscono mai e a San Siro, nell’ennesima notte delle stelle, vanno scovate ulteriori risposte positive: l’avvio è da manuale del calcio – del pressing e del forcing, della cattura delle seconde palle e del movimento senza. E’ la quinta vittoria consecutiva: give me five. E il Napoli se lo dà.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
L.D.M.
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