Dal 24 gennaio 2010 al 26 settembre 2015. Da quando poco più che adolescente esordì in serie A ad oggi, che da grande protagonista, festeggia le 100 presenze in maglia azzurra. E non in una notte qualunque, ma contro la Juventus. Perché per un napoletano, quella contro i bianconeri, non è mai una partita come le altre. Soprattutto per Insigne, che con questa maglia ha ammirato le gesta del suo idolo Alex Del Piero. Lo stesso che qualche settimana fa, in diretta su Sky, lo ha promosso ai gradi di ‘campione’. Ma soprattutto lo farà nel tempio che fu di Maradona, ora palcoscenico delle sue giocate. Stasera il San Paolo sarà vestito per le grandi occasioni, come l’appuntamento comanda. E per Lorenzo sarà una notte magica, la partita numero 100 in serie A con la maglia azzurra. Quando Diego faceva sognare i napoletani, Insigne ancora non era nato. E questa sera, a distanza di quasi 30 anni, i 50 mila del San Paolo regaleranno il proprio abbraccio a questo ‘scugnizzo’ napoletano capace, anch’egli, di esaltare la folla con le sue magie.
Era una fredda domenica di gennaio quando esordì in serie A. Stadio Picchi di Livorno, il Napoli vinse agevolmente quella partita per 2-0. Qualche secondo in campo, niente di più, al posto di German Denis. Giusto per prendere confidenza con quello che poi sarebbe diventato il suo mondo. Perché dopo quella breve apparizione per lui ci furono le esperienze di Cava dè Tirreni e Foggia, in Lega Pro. Poi Pescara, in serie B, con il maestro Zeman. Con la lente d’ingrandimento del Napoli sempre puntata addosso. Perché in fondo, dalle sue parti, già sapevano di avere in casa un campioncino.
Tanto da ritenerlo già pronto per sostituire nella rosa di Mazzarri quell’argentino che era riuscito a riscaldare i cuori dei tifosi azzurri. Quel ‘Pocho’ che ancora oggi farebbe scattare un sorriso in qualunque tifoso napoletano. Poco male se poi Lavezzi ha cercato maggiore fortuna altrove, a Parigi. Inutile anche intervenire sul mercato. Fiducia ad Insigne, ad alternarsi con il più esperto Pandev. E allora Mazzarri gli dà subito spazio, già all’esordio dopo il suo ritorno al Napoli. Al Barbera di Palermo la sua seconda prima volta in maglia azzurra. Ma questa volta sarà per sempre, senza dirsi ancora una volta arrivederci. E ci sarà tempo anche per il suo primo gol, il 16 settembre 2012, contro il Parma: Lorenzo entra dalla panchina, al posto di Cavani, e fa esplodere il San Paolo che urla forte il suo nome. Insigne è già un idolo, un figlio della città da subito coccolato dai napoletani. Il primo di tanti gol pesanti, decisivi. Come quello al Borussia Dortmund in Champions League e, ovviamente, come la doppietta all’Olimpico che ha regalato al Napoli la Coppa Italia del 2014, in finale contro la Fiorentina. E come non ricordare quello segnato l’anno scorso alla Sampdoria. Il ritorno al gol dopo cinque mesi di stop per la rottura del crociato:Lorenzo scoppia in lacrime, con la fascia da capitano al braccio e con il San Paolo a riabbracciarlo calorosamente.
Doti tecniche da potenziale fuoriclasse, un talento da accendere la fantasia. Discontinuo. Certo, ma chi non lo sarebbe a quest’età? Lorenzo riesce a migliorare anche in questo. Perché nella sua carriera recitano un ruolo fondamentale gli allenatori che incontra sulla sua strada. A partire, ovviamente, da Zeman. Bhè, il boemo è il re della fase offensiva. Con lui a Pescara incanta, e conImmobile al suo fianco è una vera delizia per gli occhi. Poi Mazzarri. Un allenatore esigente, uno che chiede tanto lavoro ai suoi attaccanti. Insigne con lui cresce tatticamente, per poi completare il percorso di maturazione sotto la guida di Benitez. Con lo spagnolo cambia quasi modo di giocare. Perché se prima si accendeva soltanto con la palla tra i piedi, ora fa dell’intelligenza tattica una delle sue caratteristiche migliori. Il motivo per cui lo spagnolo lo ha spesso preferito a Mertens, lo stesso per cui Sarri si è subito fidato di lui schierandolo sulla trequarti. Perché dietro le punte o sulla fascia, il risultato è sempre lo stesso: tanti assist, giocate ed una personalità acquisita negli anni. E se solo riuscisse a migliorare in zona gol, diventerebbe un vero top player. Un pilastro del Napoli, una risorsa anche per la nazionale italiana. Perché questo Insigne può diventare fondamentale anche per Antonio Conte.
In questi cinque anni Lorenzo ne ha vissute di esperienze. Alcune positive, altre meno. Ma ognuna, a suo modo, ha contribuito a farlo diventare il calciatore che è oggi. E il San Paolo, per una notte, sarà tutto per lui…
fonte: gianlucadimarzio.com
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