La partitella è tra verdi e blu, tre contro tre. Ce n’è una per ogni turno di allenamento: al mattino, al pomeriggio. I calciatori della Lazio le giocano nel piccolo stadio dedicato a Mirko Fersini, il ragazzo della Primavera che otto anni fa ha perso la vita in un incidente con la moto; il minicampo è disegnato vicino alla linea laterale, proprio a ridosso di via della Selvotta, la strada di campagna che costeggia il centro sportivo del club biancoceleste. Siamo poco fuori Formello, a una ventina di chilometri da Roma.
Sono le undici e venti quando Simone Inzaghi, con il volto coperto dalla mascherina, dà il via alla parte più intensa dell’allenamento. In precedenza i sei giocatori del turno del mattino hanno fatto stretching, a distanza di sicurezza uno dall’altro; poi si sono confrontati in una sfida che premia chi colpisce di più la traversa (ha vinto Marusic). Quindi, la partitella, vietata dalle norme attuali. Ma utile a far aumentare i ritmi del lavoro: sono periodi brevi (quattro o cinque minuti l’uno) con regole sempre differenti. Si finisce, dice l’allenatore, con un «tre tocchi e gol di prima». Da qualche giorno, per cercare di proteggere l’attività da sguardi indiscreti, è stata aggiunta un’ulteriore rete verde a protezione del campo Fersini, ma serve fino a un certo punto: tra le piante, agli osservatori è tutto evidente. Inzaghi carica, grida, scherza. Il clima è piuttosto allegro, del resto la Lazio ha grande voglia di rituffarsi nel campionato per inseguire lo scudetto e non lo nasconde. La partita aumenta di velocità. «Guarda che c’è Caicedo alto», chiama il tecnico, e poi rilanciando a Milinkovic-Savic la palla appena uscita dal campetto: «Eccola Sergio». A un certo punto il risultato è in bilico, «siamo tre a tre», e allora l’agonismo rischia di prevalere: «Non vi fate male, piano», l’avvertimento ripetuto più volte. Solo il giovane portoghese Jorge Silva non lo soddisfa, Inzaghi la butta sul ridere: «Ma dove sei stato ieri sera?».
fonte: corriere.it
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