A Napoli è vietato vincere. Non basta infatti fare i salti mortali per allevare giocatori e conquistare campionati, perché gli impianti del calcio dilettantistico partenopeo hanno un orizzonte limitato: al massimo l’Eccellenza e in alcuni casi persino in deroga perché campi vecchi, non a norma, e con assunzione di responsabilità da parte dei proprietari pur di sostenere la passione di migliaia di ragazzi. Un esercito di ventimila tesserati che il Comitato regionale incastra, ogni fine settimana, come tessere di un mosaico grazie a un lavoro certosino e meritevole. Il settore giovanile più imponente d’Italia è così costretto a far giocare almeno cinque società per campo; al Nord ce n’è uno per ognuna.
A Napoli, in particolare, si contano una ventina di impianti: 12 privati, 8 comunali che accolgono un bacino che va dall’Eccellenza al settore giovanile. Quando poi l’amministrazione impegna finanziamenti, la Figc non è mai interpellata: eppure giocare o meno un campionato è spesso questione di centimetri e un muro non può essere alzato senza tenerne conto altrimenti il finanziamento è sprecato. È accaduto con l’Ascarelli di Ponticelli: 200mila euro di investimenti ma l’adeguamento strutturale non collima con la normativa sportiva e si possono giocare solo tornei giovanili. Così anche per il Rione Incis.
Il Simpatia di Pianura è un piccolo gioiello in erba sintetica ma ha una dimensione regionale e presenta criticità per l’ordine pubblico. Su questo scoglio si è arenata la cavalcata della squadra nonostante i generosi investimenti vincenti dei fratelli Cafasso. Simile la situazione del Dietro la Vigna di Piscinola, campo in terra battuta che usufruisce di una deroga concessa dalla Lega Nazionale Dilettanti, sul quale il Ctl Campania di Giovanni De Micco ha infilato una storica sequenza di vittorie di campionati. Poi il San Gennaro dei Poveri che il Sanità ha abbandonato, il Caduti di Brema a Barra, il Comunale di Scampia, quello di San Pietro a Patierno omologati per gli incontri di Prima categoria. Infine il Kennedy: gestione privata, ma l’Internapoli è dovuta andar via dopo aver vinto il campionato.
«Le istituzioni pubbliche – sottolinea il presidente del comitato regionale Figc, Salvatore Colonna – hanno da tempo acquisito consapevolezza della rilevanza educativa dello sport ma in Campania si vivono situazioni paradossali. Napoli è una metropoli con 200 società è vorrebbe un minimo di corrispondenza tra i sacrifici fatti e i terreni di gioco disponibili. Chiederemo un incontro al sindaco De Magistris e all’assessore Tommasielli affinché il calcio sociale sia considerato tra le priorità assolute: formative, educative e di prevenzione di una grande città».
Fonte: Il Mattino
La Redazione
P.S.
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